Vi siete mai chiesti come mai la Corea del Nord e la Corea del Sud siano così diverse e separate?
Gli avvenimenti che hanno portato alla situazione di oggi sono molteplici, ed il tutto si svolse dopo la fine della seconda guerra mondiale: infatti, durante la guerra fredda, il conflitto in Corea fu tra i più lunghi e sanguinosi e, ancora oggi, le tensioni tra i due stati sono molto sentite, e sembra ancora molto lontana la prospettiva di una riunificazione, o quanto meno di una pace. Sebbene infatti siano cessate le ostilità, non c’è mai stato alcun accordo di pace.
Dopo aver visto, nei precedenti articoli, la storia coreana e come questa sia stata interpretata e raccontata dal mondo della musica e dell’arte, in questa nuova rubrica proveremo ad analizzare più da vicino alcune vicende che hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo ed evoluzione della Corea del Sud, per come la conosciamo oggi.
Pronti a scoprire come e perché è scoppiata la guerra di Corea e le conseguenze che ne sono seguite? Kaja!
(Ph: Giammarco Cafaggi, DMZ: “Se le due Coree saranno riunite, questo ponte verrà ristrutturato al suo stato originario, con le tratte ferroviarie, ed infine smantellato”)
Premesse del conflitto
Per poter comprendere le motivazioni che hanno portato alla guerra di Corea, dobbiamo tornare indietro alla seconda guerra mondiale.
Nel 1910 infatti la Corea venne occupata dal Giappone. Prima di questa data, dal 1887 al 1910, l’intera Corea era unita sotto il nome del Grande Impero Coreano (successivo al regno dinastico Joseon, durato circa cinque secoli).
L’occupazione giapponese ebbe termine nel 1945 quando la penisola coreana venne liberata dall’URSS, che invase la Corea dal Nord, e dagli Stati Uniti, che invasero la penisola da sud: il punto di incontro di queste due fazioni corrisponde al 38° parallelo.
Dai buoni propositi all’inizio delle ostilità
Il progetto iniziale dei capi di stato delle due potenze (Harry Truman e Josif Stalin) era mantenere questa situazione per un breve periodo di tempo, per poi riunificare la penisola e renderla neutra.
cc. Gettyimages
Tuttavia, con l’inizio della guerra fredda di fatto l’unificazione divenne impossibile e i due stati dichiararono la propria sovranità: al Nord nacque il governo comunista di Kim-Il-Sung (conosciuto in Corea del Nord come “il grande leader”, nonno dell’attuale dittatore nord coreano Kim-Jong-Un) con capitale a Pyongyang, mentre al sud si stabilì il dittatore Syngman Rhee.
Gli avvenimenti successivi non fecero altro che accendere innumerevoli tensioni nella penisola: con la rivoluzione comunista cinese e lo sviluppo della bomba atomica da parte della Russia, i rapporti tra i due stati coreani si fecero sempre più critici, nonostante gli USA e la Russia avessero ritirato le loro truppe dalla penisola.
Sarà proprio in questo clima di incertezza e tensione che il 25 giugno 1950 Kim-Il-Sung pensò che fosse il momento giusto per occupare il Sud e portare l’intero paese sotto il suo controllo.
La guerra di Corea (1950-1953)
Il conflitto iniziò il 25 giugno 1950 e, nel giro di poco tempo, l’esercito nord coreano riuscì a conquistare quasi tutto il territorio nemico ed invase Seoul. Nonostante Stalin fosse in realtà contrario al conflitto (a differenza di Mao che invece sosteneva il Nord), gli Stati Uniti decisero di reagire, preoccupati dal fatto che il comunismo potesse rafforzarsi troppo in Estremo Oriente.
Con il sostegno dell’ONU, attaccarono la penisola coreana riuscendo a cacciare i nord coreani dal Sud, superando il 38° parallelo e conquistando gran parte dei territori settentrionali: tutto questo fu possibile grazie al generale Douglas MacArthur, che si era già distinto per la vittoria sul Giappone durante la seconda guerra mondiale.
Quando la situazione sembrava ormai essersi stabilizzata, le truppe cinesi entreranno di nuovo in Corea, costringendo gli americani a ritirarsi ed abbandonare Seoul, ma dopo ulteriori scontri la linea del fronte si stabilizzò intorno al 38° parallelo.
Douglas MacArthur verrà sostituito, a questo punto, dal più cauto generale Matthew Ridgway. L’aiuto che l’URSS fornì alle truppe nord coreane fu molto più modesto rispetto a quel governo cinese di Mao Zedong, che inviò più di 300 mila soldati cinesi a sostenere il regime dittatoriale di Kim-Il-Sung.
Da una logorante guerra di posizione all’armistizio di Panmujeon (판문점)
Da quel momento in poi, il conflitto si trasformò in un’atroce e logorante guerra di posizione lungo il 38° parallelo, senza significative avanzate da nessuna delle due parti. Il popolo coreano era stremato dal conflitto, dispendioso in termini di risorse e di vite umane ma, nonostante i numerosi tentativi di trovare un accordo, solo il 27 luglio 1953 venne firmato l’armistizio nella cittadina di Panmujeon.
All’armistizio firmato del 1953 non è mai seguito un accordo di pace. La linea del confine venne posta lungo il 38° parallelo e non venne più modificata e l’edificio in cui venne firmato l’armistizio è ancora presente e si trova nella DMZ (zona demilitarizzata). Anche il tavolo in cui venne firmato l’armistizio riportava la linea del confine disegnata.
L’armistizio non prevedeva che si ristabilissero normali relazioni diplomatiche tra le due coree, né tantomeno era un vero e proprio accordo di pace.
Conseguenze del conflitto
Durante la guerra di corea persero la vita circa 2,5 milioni di civili, 500 mila militari cinesi e 200 mila militari sudcoreani ed americani e, significativi saranno i crimini di guerra.
Il più significativo fu il massacro di Bodo League, compiuto nel 1950 in cui i sud coreani guidati da Syngman Rhee uccisero almeno 60 mila simpatizzanti e militari comunisti. O ancora, il massacro di Bloody Gulch, compiuto dai nord coreani nell’agosto del 1950, quando 75 soldati americani vennero uccisi a Masan.
Da ormai 70 anni, le due Coree rimangono divise e diverse: la Corea del Sud, legata agli Stati Uniti, ha visto negli ultimi anni importanti sviluppi tecnologici ed economici, mentre il Nord rimane ancora legato al socialismo e ad una profonda militarizzazione economica della società nel contesto di un regime dittatoriale.
Ci sarà mai la riunificazione? Il progetto della riunificazione è presente ma, viste le ultime tensioni, rimane molto lontano ed improbabile nel breve termine, anche se sono state elaborate alcune strategie, ma nessuna di esse è stata ancora messa in pratica.
Il tema della riunificazione è stato trattato diverse volte anche in ambito cinematografico, ultimo ma non per importanza nel remake della famosissima serie La casa di Carta: Corea, che ha come tema centrale proprio la riunificazione delle due Coree e la creazione di una zona economica unica e degli eventuali problemi ad essa legati.
In sintesi, oggi abbiamo capito che le motivazioni che hanno portato alla separazione sono dunque molteplici, tra Guerra Fredda, intervento delle truppe cinesi, volontà di Kim-Il-Sung di avere l’intera penisola sotto il suo controllo, e di conseguenza è facile comprendere quanto delicata sia questa questione, non solo per la penisola coreana ma anche per la geopolitica internazionale.
Siamo arrivati alla conclusione di questo primo articolo, che ne pensate? Quale altra vicenda storica o sociale vorreste vedere più da vicino? Fatecelo sapere nei commenti!
La storia coreana è una storia non poco intricata e, specie quella dello scorso secolo, è segnata da numerosi eventi che hanno lasciato una ferita enorme nella coscienza e nel cuore della nazione.
Uno di questi eventi è, certamente, il periodo dell’invasione nipponica, 35 anni di dominio giapponese durante i quali il popolo coreano ha lentamente e dolorosamente perso la propria indipendenza, gloria e, purtroppo, anche l’onore, specie in ragione della politica di pulizia etnica e di completo sfruttamento della popolazione portata avanti dal Giappone.
Come abbiamo già raccontato in un altro articolo (che, se non avete letto, vi invitiamo a leggere se siete appassionati di storia), il periodo della dominazione giapponese può essere riassunto in tre fasi:
Primo periodo (1910-1920): questo periodo è caratterizzato da uno “stato di polizia”, con i giapponesi che ripetutamente tenteranno di cancellare l’identità coreana.
Secondo periodo (1920-1930): questo periodo, a differenza del primo, sarà caratterizzato da una “politica illuminata”, con una parziale (e solo apparente) apertura dei giapponesi verso i coreani, che continueranno ad essere sfruttati come manodopera a basso costo.
Terzo periodo (1930-1945): quest’ultimo periodo sarà quello più crudele, durante il quale verrà messa in atto la più brutale politica di pulizia etnica e di repressione forzata dell’identità e della storia coreana.
Durante questi periodi, ovviamente, la popolazione coreana non rimarrà inerme davanti alla violenza giapponese, infatti sin dai primi anni saranno numerosi i tentativi di sovvertire la situazione, con episodi di guerriglia urbana dapprima e poi veri e propri attentati ai danni delle più alte cariche giapponesi (pensiamo all’attentato all’imperatore Hirohito a Tokyo e, poco dopo, all’attentato all’ambasciatore giapponese in Manciuria).
Tra gli episodi di guerriglia passati alla storia per la loro importanza c’è sicuramente quello del Movimento del primo marzo, il Samil Undong (삼일운동): questo evento è talmente tanto importante da essere ancora festeggiato in Corea, quindi se a marzo doveste trovarvi in Corea, non stupitevi se doveste vedere scuole e uffici chiusi e bandiere coreane appese ovunque!
Perché è un evento così importante?
Il Movimento del primo marzo ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei rapporti tra Corea del sud e Giappone durante il periodo di dominazione giapponese, perché è il primo dei sintomi di una forte resistenza del popolo coreano nei confronti dell’invasore, resistenza che nel corso degli anni si radicherà sempre di più negli animi e nelle menti dei cittadini.
Il Movimento del primo marzo è, a tutti gli effetti, un movimento di resistenza e risposta all’invasione giapponese che inizierà ad operare già a partire dai primi anni dell’invasione in via clandestina, sfruttando l’appoggio di cittadini appartenenti a tutte le classi sociali e tutte le professioni, ma anche numerosi intellettuali che si erano rifugiati all’estero per scappare dal paese.
Il primo marzo 1919 è una data fondamentale nella storia coreana perché quel giorno avverranno delle grosse manifestazioni che vedranno scontrarsi l’esercito giapponese e milioni di cittadini coreani (storici affermano che, in questa occasione, più di due milioni di cittadini scenderanno in strada a protestare): durante questo evento, 33 membri del Movimento leggeranno in pubblica piazza la Dichiarazione di Indipendenza coreana, scatenando l’ira dei giapponesi ma anche dando via a più di 1500 manifestazioni autonome che coinvolgeranno tutto il territorio nazionale.
Al minuto 20:15 è possibile vedere la idol ed ex membro delle I.O.I, Jeon So Mi, leggere un estratto della Dichiarazione di indipendenza, in rappresentanza delle famiglie multiculturali e del mondo dell’intrattenimento coreano, accanto a discendenti di membri del Movimento durante i festeggiamenti del 102 esimo anniversario, nel 2021
Purtroppo, molti dei partecipanti a questa manifestazione verranno uccisi sul luogo oppure arrestati e torturati in prigione ma questo non fermerà la resistenza coreana che, da quel momento in poi, si farà sempre più forte e, a tratti, anche violenta.
Come viene ricordata questa ricorrenza?
Buona parte della popolazione passa questa giornata, istituita festa nazionale nel 1949 (che ha preso il nome di 삼일절, samil jeol), in casa con la famiglia, esponendo dalle finestre il Taegeukgi, la bandiera coreana, ma è anche possibile visitare dei luoghi simbolo per questo movimento, ad esempio il Tapgol Park (o Pagoda Park) nel quartiere di Jongno-gu, dove avvenne la lettura della Dichiarazione di Indipendenza nel 1919, dando il via agli scontri.
Tapgol Park (foto di @mondo_coreano)
We have arisen now. Conscience is on our side, and truth guides our way. All of us, men and women, young and old, have firmly left behind the old nest of darkness and gloom and head for joyful resurrection together with the myriad living things. The spirits of thousands of generations of our ancestors protect us; the rising tide of world consciousness shall assist us. Once started, we shall surely succeed. With this hope we march forward.
Siamo insorti. La coscienza è dalla nostra parte, e la verità ci guida. Tutti noi, uomini e donne, giovani e anziani, abbiamo abbandonato con prontezza il vecchio nido oscuro e triste e ci siamo indirizzati verso la resurrezione gioiosa insieme alle altre creature viventi. Gli spiriti dei nostri antenati ci proteggono, la crescente [ondata della] consapevolezza del mondo [verso la nostra situazione] ci assisterà. Una volta iniziato, sicuramente usciremo vittoriosi. Con questa speranza, marciamo.
Estratto della Dichiarazione di Indipendenza coreana
Taegeukgi (foto di @mondo_coreano)
In alternativa alla visita al Tapgol Park, alcuni coreani sfruttano questa ricorrenza per visitare la prigione di Seodaemun, dove vennero incarcerati tutti coloro che vennero arrestati durante le manifestazioni del primo marzo, passato alla storia come luogo di tortura e di sofferenza e, proprio per questo motivo, luogo di “pellegrinaggio” per i coreani per ringraziare i propri compatrioti che hanno combattuto con coraggio e forza, talvolta rimettendoci la vita, nel nome della libertà di tutti; un’ulteriore luogo da visitare, non solo il primo marzo ma in generale per scoprire un po’ di più la storia coreana, è sicuramente la Independence Hall of Korea, un museo di storia contemporanea coreana nella città di Cheonan.
Questa storia è tristemente affascinante e, purtroppo, è davvero difficile reperire del materiale interessante dal quale poter studiare e informarsi in italiano e, soprattutto, per imparare in modo rapido e non “accademico”: proprio per questo motivo, vi suggeriamo alcuni contenuti tra K-Drama, K-Movie, K-Documentary, K-Books e K-Music per scoprire qualcosa di più su questa vicenda. Pronti a segnare tutto?
K-Drama
Different dreams (K-Drama)
Anno: 2019 Genere e numero episodi: azione, storico, romantico, medico | 40 episodi Dove vederlo: Viki Rakuten Trama: uscito in occasione del 100esimo anniversario degli eventi del Primo Marzo, questo Drama è ambientato proprio nel periodo dell’invasione giapponese della Corea.
Due sono gli eventi che scuoteranno il paese, il Movimento del Primo marzo e la creazione del Governo provvisorio coreano a Shanghai, ma ce ne sarà un terzo che, seppur di nascosto, avrà un grande ruolo nella conquista dell’indipendenza coreana: la creazione degli Heroic Corps, un armamento segreto per la libertà.
Il protagonista di questo drama, noto a tutti con il nome di Kim Won Bong, interpretato da Yoo Ji Tae, è un comandante di questi gruppi paramilitari, famoso per la sua astuzia e bravura nel condurre le truppe, ma soprattutto per la sua sete di indipendenza per il proprio paese: un giorno, però, il cammino di Won Bong si incrocerà con quello di Lee Young Jin, interpretata da Lee Yo Won, una donna coreana adottata in giovane età da un medico giapponese che seguirà le orme del padre, entrando all’università di Shanghai e che farà ritorno a Joseon per diventare il primo chirurgo donna.
Se dapprima si trovano su due posizioni ideologiche differenti, ben presto le cose prenderanno una strada diversa.
Jejoongwon (K-Drama)
Anno: 2010 Genere e numero episodi: drama storico, romantico, medico | 36 episodi Dove vederlo: Prime video Trama: questo drama racconta le vicende di alcuni apprendisti medici presso il Jejoongwon durante i primi anni dell’impero giapponese, narrando da un punto di vista esterno (e non solo) i tumulti dei primi anni dell’occupazione giapponese.
Il Jejoongwon è il primo ospedale moderno in tutta la Corea, fondato durante il periodo Joseon nel 1885 su richiesta dell’imperatore Gojong, spinto dai consigli del missionario americano Horace Newton Allen ed è famoso perché qui venivano curati tutti i tipi di pazienti, al di là dello status sociale o economico.
Freedom fighter Lee Hoe Young (K-Drama)
Anno: 2010 Genere e numero episodi: storico | 5 episodi Dove vederlo: Dramacool Trama: parte di un programma volto a commemorare il centenario dell’annessione forzata della Corea del Sud al Giappone, questo Drama è stato ideato da KBS ed è la terza e ultima parte della serie “noblesse oblige“, volta a raccontare le storie di coloro che hanno sacrificato tutti i loro averi, compresa la vita, per la causa dell’Indipendenza.
Freedom fighter segue le vicende di Lee Hoe-Young, un combattente per l’indipendenza molto facoltoso che donò tutti i suoi risparmi per la causa e si spostò in Manciuria per aprire una scuola di formazione per soldati e ribelli; successivamente, si unirà alle forze anarchiche di Shanghai contro le forze giapponesi: verrà arrestato, torturato e morirà in cella per mano giapponese.
L’intero Drama è raccontato dal punto di vista del corrispondente di guerra giapponese Kimura Junpei, che aveva il compito di raccontare delle operazioni e azioni di Lee Hoe-Young: inizialmente descritto come un terrorista, con il passare del tempo il reporter si renderà conto delle buone intenzioni e motivazioni di fondo dell’uomo, tra i fautori principali dell’Indipendenza coreana, seppur non in prima linea.
Assassination o Amsal (K-Movie)
Anno: 2015 Genere e durata: azione, storico, drama | 2 hr. 19 min. Dove vederlo: Apple TV, Viki Rakuten Trama: ambientato durante l’occupazione giapponese, tra il 1911 e il 1930, ad un agente viene dato il compito di assemblare un gruppo per assassinare un comandante giapponese e un collaboratore coreano liberando tre prigionieri a Shanghai, tuttavia il piano non va come previsto, dando via ad un’intricata caccia all’uomo.
Questo film vanta un cast niente male, infatti troviamo nel ruolo di protagonista principale Lee Jung Jae, affiancato da Jun Ji Hyun(My Love from the star, The legend of the blue sea, Kingdom, Jirisan), Ha Jung Woo(Ashfall, Miss and Mrs. Cops, The Closet, Entourage, Narco-Saints).
K-Book
Come tigri nella neve – Kim Juhea
Anno: 2022 Autore: Juhea Kim Editore: Nord Genere e numero di pagine: narrativa, storico | 368 pagine Trama: ambientato in una Corea del 1917, in pieno periodo giapponese, “Come tigri nella neve“, romanzo di esordio di Kim Juhea, racconta la storia di un uomo e una donna, legati da quello che in coreano si chiama “inyeon” (인연), un legame profondo che prescinde dal tempo e dallo spazio, che esiste nonostante gli imprevisti e gli accadimenti, un uomo e una donna che si ritroveranno e perderanno nei meandri della storia, una vicenda d’amore tra due persone che si intreccia con l’amore per la libertà e per la giustizia.
I personaggi di questa storia sono persone di ogni estrazione sociale, provenienti da tutte le parti della Corea e con sogni e speranze di qualunque genere, ognuno alla ricerca di un proprio posto in un mondo in tumulto e in costante rivoluzione, con la guerra alle porte, anche del proprio cuore.
Sinossi: Corea, 1917. È la disperazione a spingere il cacciatore. Da giorni segue le tracce sulla neve, nella speranza di trovare una preda con cui poter sfamare i suoi figli. Ma la ricerca viene interrotta dall’incontro con un gruppo di ufficiali giapponesi, persi tra quelle montagne. E dall’apparizione di una tigre. D’istinto il cacciatore interviene facendo fuggire la tigre, per poi guidare i giapponesi verso la salvezza. Un gesto che segnerà il futuro della sua famiglia. Jade ha solo dieci anni quando la madre la vende a una casa di cortigiane. Un sacrificio dettato dalla povertà, che però Jade ben presto capisce essere un’occasione. Solo le donne più belle e raffinate possono far parte di quel mondo e, un giorno, comprare la propria libertà. Tuttavia, quando una tragedia colpisce la casa, Jade è costretta a trasferirsi a Seul. Dove il suo destino l’aspetta… Alla morte del padre, Jung-ho non ha altra scelta che lasciare il suo villaggio di cacciatori e tentare la sorte nella capitale, ingrossando le fila dei giovani randagi che sopravvivono grazie a sotterfugi e piccoli furti. Eppure gli basta posare una volta lo sguardo su Jade, per capire di voler diventare un uomo degno di lei. Comincia allora la sua scalata verso il successo, prima nel sottobosco della malavita, poi nel mondo ancora più insidioso e ambiguo della politica, diviso tra i padroni giapponesi e il movimento nazionalista che lotta per l’indipendenza. Una corsa al potere su cui Jung-ho scommette ogni cosa, rischiando però di perdere tutto.
Se avete già letto questo libro e siete curiosi di sapere cosa ne pensiamo, la nostra Irene ha pubblicato una recensione per la rubrica #K-Book!
Se, invece, vi siete incuriositi e volete leggerlo anche voi (e farci sapere la vostra opinione), potete acquistarlo qui!
K-Documentaries
Se i libri non sono il vostro forte, specie quelli di storia iper specifici, ma volete comunque avere un approccio più “tecnico” alla vicenda, invece che romanzato, questi documentari fanno sicuramente al vostro caso!
ATTENZIONE! Alcuni trattano delle tematiche e argomenti non semplici né piacevoli, quindi se siete facilmente impressionabili o sensibili, vi sconsigliamo la visione di questi contenuti.
How schoolgirls became independence fighters in 1919
Questo documentario super interessante e super breve (poco più di 4 minuti) prodotto da Korea Now in lingua inglese (purtroppo, niente sottotitoli) spiega in modo chiaro e semplice quanto il Movimento del Primo marzo sia stato un movimento globale, che ha coinvolto tutte le fasce della popolazione, comprese le studentesse che portavano avanti attività clandestine di volantinaggio, stampa e preparazione di volantini a favore della causa coreana.
1919 to 2019: the centenary of 1st March Movement
Molto più lungo e dettagliato di quello precedente, questo documentario di Arirang TV spiega l’evoluzione della lotta verso l’indipendenza coreana e verso la costruzione di una nuova identità nazionale, ancora ferita e sanguinante a causa dei terribili ricordi impressi nella memoria di tutta la popolazione.
Life as a “comfort woman”
Questa è una video intervista di Asian Boss ad una delle ultime comfort women coreane, Kim Bok Dong: il fenomeno delle comfort women è una ferita ancora aperta della storia coreana, per la quale è ancora in corso una causa intentata da alcune associazioni coreane contro il Giappone per ottenere le scuse ufficiali del paese nei confronti di tutte quelle donne, giovanissime nella maggior parte dei casi, che sono state strappate alle loro famiglie e usate come carne da macello, o per meglio dire “da piacere”, per gli uomini dell’esercito giapponese prima e durante la seconda guerra mondiale.
Seppur non sia esattamente inerente con il Movimento del Primo marzo, questo video permette di comprendere meglio quanto invivibile fosse la situazione in Corea del Sud durante quegli anni e quanto tempo debba ancora passare prima che la ferita si rimargini davvero.
TRIGGER WARNING! In questo video vengono menzionati abusi sessuali, violenze su minori, gravidanze non volute e altri temi che possono urtare la vostra sensibilità.
The March First movement
Girato in occasione del centenario dei fatti del primo marzo 1919, questo video della The Korea Society, un’organizzazione non-profit, apolitica e di promozione sociale e culturale che si occupa dei rapporti tra Stati Uniti e Corea del Sud, spiega in 40 minuti e in modo abbastanza approfondito e specifico l’evoluzione del Movimento del Primo marzo e le sue azioni, ma anche gli impatti a livello economico e sociale nello sviluppo degli eventi successivi e del paese in generale, superato il 1945.
K-Music
Ultima, ma non per importanza, anche il mondo della musica ha sentito l’urgenza di raccontare la storia del Movimento del Primo marzo, in particolar modo ricordiamo due canzoni del rapper coreano BewhY e una canzone delle DIA.
My land (BewhY)
상해에서부터 서울 종로 종로 한복판에서 한반도 우리 100년의 역사는 저들이 아닌 우리 열사들의 핏자국이 감독 한 세기의 외침이 지금을 창조 앞으로의 100년을 향한 한 보 너와 내가 우리가 되어야만 완고 해지겠지 투쟁 안에서 평화만을 낭독
Da Shanghai a Jong-no, Seoul, il cuore della penisola coreana Questi nostri 100 anni di storia sono stati diretti dal sangue dei nostri missionari, non da loro Le grida di un secolo creano il presente e il passaggio per i prossimi 100 anni Dobbiamo rimanere insieme per creare la pace all’interno di questa lotta
Il brano è scritto dal punto di vista dei combattenti e nel video viene rappresentata e ricordata una figura considerevole della storia coreana, l’eroina Yu Gwan-sun, una giovane attivista che a soli 19 anni guidò il Primo Movimento per l’Indipendenza contro il dominio coloniale imperiale giapponese nella zona meridionale del Chungcheong: riuscirà a far scendere in piazza più di 3000 cittadini e, proprio per questo, verrà arrestata e imprigionata dai giapponesi, qui torturata fino alla sua morte, trasformandola in una delle più giovani martiri dell’Indipendenza coreana.
Mansae (BewhY)
오직 혁명뿐 물러나기 전까지 영원히 너네는 public enemy 사진을 찍어줘 죽기 전 마지막 나의 swagging 나라를 위해 죽는 민족 무릎은 하늘 앞에서만 꿇겠지 너의 것은 파괴되고 우리의 것은 재창조돼 악은 언제나 선에게 짓밟히게 돼있어 축제의 장은 열려 코레아우라
Fino a che la rivoluzione non terminerà, sarai per sempre un nemico pubblico Scatta una foto del mio swag prima di morire Le persone che perdono la vita per questa Nazione possono inginocchiarsi solo di fronte al cielo Ciò che era tuo verrà distrutto, ciò che era nostro verrà ricreato Il male è sempre stato calpestato dal bene Apri le tende del sipario al festival, Corea
Mansae è una canzone che ci porta alla scoperta della lotta verso l’autodeterminazione coreana, infatti è stata scritta dal rapper proprio in occasione del centenario dei fatti del primo marzo ed è stata portata sul palco di Infinite Challenge dal rapper e dal comico Yang Se-hyung.
Il titolo Mansae non è una scelta casuale, perché Mansae (letteralmente diecimila anni) e Cheonsae (letteralmente milleanni) erano modi di dire utilizzati in maniera interscambiabile durante la dinastia Choseon, quindi facevano già parte dell’ideologia nazionale: la parola Mansae divenne famosa grazie agli attivisti del Club dell’Indipendenza Coreana (독립협회 Dongnip hyeophoe) e dai Movimenti dell’Illuminismo Patriottico, i quali diedero un significato ancora più profonda a questa parola di uso comune che, poi, arrivò a promuovere un senso di unità nazionale, infatti durante le manifestazioni del primo marzo Mansae fu proprio uno degli slogan urlati a pieni polmoni da parte della folla contro l’esercito giapponese schierato.
FUN FACT: non è un caso che il Movimento del primo marzo e, in generale, i fatti del primo marzo siano noti anche con il nome di “Mansae demonstrations”!
Se siete curiosi di leggere un’analisi più approfondita di questi due iconici brani, vi consigliamo la lettura di questo articolo scritto dalla nostra Anna per la rubrica #Hipstory!
Geon Gon Gam Ri (DIA)
Pubblicata nel 2017, questa canzone del gruppo femminile DIA è un omaggio ai connazionali che hanno combattuto per la libertà della Corea durante i tumulti del periodo giapponese.
Il titolo “Geon gon gam ri” è un riferimento ai nomi dei quattro trigrammi che si trovano sul Taegeukgi, che rappresentano movimento e l’armonia come fondamenti principali e i trigrammi che rappresentano ognuno un elemento classico: cielo (Geon), terra (Gon), luna (Gam), and sole (Ri).
Siamo giunti alla fine di questo articolo e siamo certi che ormai avrete tutti gli strumenti per informarvi su questo evento che ha segnato irrimediabilmente la storia coreana! Quale altro evento storico vorreste attenzionare? Fatecelo sapere nei commenti, a presto!
Eterna Sagittario, è capitata in questo mondo per sbaglio e non ne è più uscita, riscoprendo se stessa e ciò che la circonda. Un giorno sì e l’altro pure sogna di scappare in Corea: probabilmente lo farà molto presto. Il suo motto preferito è: 시작이 반이다, “l’inizio è la metà”.
Nel terzo episodio di #Hipstory vediamo insieme una pagina molto importante della Corea contemporanea grazie ad una canzone composta e prodotta da Suga dei BTS nel 2010 quando, membro della crew hiphop D-Town, aveva il soprannome di Gloss. Il brano è però cantato da Nakshun, leader della crew.
Il titolo simbolico rimanda con la memoria direttamente a quel giorno fatidico: 518 sta infatti ad indicare il giorno 18 maggio (05.18), ovvero la data che segnò l’inizio di ciò che ricordiamo come il Massacro di Kwangju, mentre 062 rappresenta il numero identificativo dell’area di Kwangju.
탁한 바람 가득 한 땅 위에 내린 새싹 5-1-8 어둡던 지난날의 밤 이 지나 탄생한 새 역사를 위해서 손을 들어 hands up (x2)
Un germoglio piovuto su un florido terreno sfiorato dal vento torbido 5-1-8, la notte di quell’oscuro giorno passato per questa nuova storia che è nata grazie al passato alzate le mani, mani in alto (x2)
Era la primavera del 1980 quando a Kwangju, città metropolitana a Sud Ovest della Corea del Sud, centinaia di studenti scesero in piazza per protestare contro la legge marziale istituita dal generale Choon Doo Hwan.
La strada per la presa di potere del generale Choon Doo Hwan fu spianata nel decennio precedente dal Presidente Park Chung Hee (padre dell’ex presidentessa della Corea del Sud, Park Geun-Hye) il quale, nel corso dei suoi mandati, sciolse il Parlamento ed impose una Costituzione che conferiva poteri quasi dittatoriali al Presidente. Inoltre, questo nuovo ordinamento giuridico, che prese il nome di Costituzione Yusin (1972), estendeva il mandato del Presidente a 6 anni senza limiti di rielezione quando, in precedenza, erano tassativamente 2 (anche se Park Chung Hee fu talmente abile da farsi eleggere per ben tre volte – 1963 – 1967 – 1971 – grazie al sostegno dei servizi segreti coreani, KCIA).
Dopo l’assassinio del Presidente Park Chung Hee con l’accusa di corruzione proprio da parte del direttore della KCIA (1979), fu il militare Choi Kyu Ha a prendere il suo posto ma, a causa dei suoi discreti segnali di apertura, Choi Kyu Ha fu spiazzato nel giro di pochi mesi dal colpo di stato del generale Choon Doo Hwan che, alla fine dell’anno, era già al potere dell’intera Corea del Sud.
L’inizio della resa dei conti: studenti contro militari
Il 17 maggio 1980 il nuovo Presidente, col proposito ufficiale di combattere il “nemico comunista”, estese la legge marziale, fino a quel momento in vigore solo nella città di Busan, a tutta la penisola.
Bastò un solo giorno per radunare circa 200 universitari davanti alla Chonnam National University di Kwangju per protestare contro la chiusura del loro ateneo, riscontrando un consistente appoggio dal resto della popolazione. I manifestanti si imbatterono però in una trentina di soldati incaricati di tenerli fuori dal campus i quali, per portare a termine il lavoro assegnatogli, cominciarono a colpire gli studenti a bastonate. Gli universitari risposero quindi con lanci di pietre, decidendo infine di marciare verso il centro della città e trovando sempre più sostenitori lungo il loro cammino. In poche ore, circa 700 poliziotti si trovarono a fronteggiare più di 2.000 manifestanti. Noncuranti, i militari insorsero sulla folla, picchiando studenti e passanti e così, quel giorno, ci fu la prima vittima: Kim Gyeong-cheol un sordo di soli 29 anni il quale ebbe la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Nei giorni seguenti, sempre più residenti di Kwangju, dagli imprenditori alle casalinghe, dagli avvocati agli autisti di taxi, presero parte a questa marcia per la difesa della gioventù di Kwangju, raggiungendo la soglia dei 10.000 manifestanti: l’esercito fu quindi costretto a mandare altri 3.000 soldati che, spietatamente, si scagliarono contro gli innocenti bastonandoli, pugnalandoli, mutilandoli con baionette, lanciando gas lacrimogeni in mezzo alla folla per poi sparare indiscriminatamente.
L’apice della violenza si raggiunse il giorno 21 maggio, quando gli studenti presero d’assalto stazione di polizia e armeria, rubando fucili, carabine e persino due mitragliatrici, una delle quali venne poi incorniciata sul tetto dell’università di medicina: grazie a questo evento, i cittadini furono in grado di presiedere Kwangju per ben cinque giorni, dato il ritiro delle truppe.
Il 27 maggio però, nel cuore della notte, cinque divisioni furono di ritorno a Kwangju, più agguerrite che mai: il tentativo dei cittadini di combatterli sia con la forza, sia stendendosi a terra per bloccarli, non diede i risultati sperati e dopo solo un’ora e mezza di scontri spietati, l’esercito riprese il controllo della città.
Le dichiarazioni ufficiali segnalarono la morte di circa 200 persone, ma il censimento della popolazione rivela che più di 2.000 cittadini residenti a Kwangju sparirono durante quel breve ma intenso periodo.
이 거친 느낌의 곡에 끄덕거리는 고갠 062 이 곳 에 권리는 위한 고생 담을 역사에 기록해놔 , 그들의 의지로 새겨진 인권제도를 느낄 수 있는 것 그 무엇이, 그들을 움직이는 팔 다리가 되어 배여 진 몸에 상철 태극기로 채워 그대여 나또한 당신의 의지를 불태워 형제여 상처 난 한국살 끊임없이 외워
Le teste che annuiscono su questa canzone riguardo un sentimento passato In questo luogo, 062, avvenne la sofferenza per i diritti umani Grazie alla loro determinazione hanno lasciato impresso nella storia il loro coraggio In modo da far comprendere la costituzione così profondamente impressa Quel qualcosa è diventato il movimento delle loro braccia e gambe Colma il tuo corpo con la bandiera nazionale Ravviverò la tua determinazione Fratelli, le vostre ferite rimarranno per sempre nella nostra memoria
Una voce più forte della censura
A causa della censura operante in quel periodo, quasi tutto il resto della penisola era all’oscuro di ciò che stava succedendo nella città di Kwangju. Tuttavia, diversi giovani, tra cui alcuni studenti, intrapresero azioni drastiche per cercare di portare alla luce la verità sull’accaduto.
A Seoul, lo studente universitario Kim Uigi di soli 21 anni preparò dei volantini su Kwangju prima di gettarsi dal sesto piano di un edificio; poco dopo, Kim Jongtae si diede fuoco subito dopo aver gridato lo slogan del movimento democratico che chiedeva verità. Sacrifici di questo genere non facevano che continuare mentre il governo si ostinava a negare qualsiasi tipo di evento rivoltoso legato alla città di Kwangju: nel primo anniversario del 18 maggio, gli studenti si riunirono in una protesta silenziosa alla Seoul National University.Kim Taehun, di Kwangju, come Kim Uigi si lanciò dal quarto piano di un edificio invocando lo slogan delle proteste.
Nonostante i sacrifici, il governo militarista continuò imperterrito a negare la realtà dei fatti e a mettere a tacere i media coreani e, se non fosse stato per gli sforzi dei giornalisti stranieri, è probabile che gran parte del mondo sarebbe tuttora all’oscuro delle atrocità perpetrate a Kwangju. In particolare, un giornalista tedesco, Jürgen Hinzpeter, fu uno dei pochi in grado di provare cosa accadde realmente a Kwangju: quando, terminato il suo incarico a Tokyo, arrivò a Seoul decise di prendere un taxi per Kwangju dove, però, i militari avevano bloccato le strade. L’intraprendente tassista, chiamato Kim Sabok (probabile nome di fantasia), non si diede per vinto e riuscì ad aggirare le barriere militari accompagnando Hintzpeter fino a Kwangju in totale sicurezza. Hinzpeter fu così in grado di documentare parte degli eventi di Kwangju e, in seguito, riuscì a contrabbandare il filmato fuori dalla Corea e lo pubblicò, dando la possibilità al mondo di conoscere finalmente ciò che stava accadendo nella città coreana.
Per queste gesta eroiche, Hintzpeter fu in seguito nominato cittadino onorario di Kwangju gli venne reso un omaggio speciale nei memoriali più recenti.
Si è mai avuta giustizia?
Nonostante le prove concrete riportate nel corso degli anni, nell’aprile 2017 l’ex presidente Chun Doo-hwan, che ha guidato il governo dal 1980 al 1988, ha pubblicato le sue memorie, dove ha esplicitamente negato l’affermazione fatta dal defunto prete attivista, Cho Chul-hyun, il quale aveva testimoniato di aver assistito a sparatorie militari contro i cittadini dagli elicotteri durante la rivolta pro-democrazia di Gwangju nel maggio del 1980. Chun ha insistito nell’affermare che le parole di Cho fossero calunnie, chiamando il defunto prete “Satana con una maschera”.
Tre anni dopo, il 17 maggio 2020, in seguito ad una marcia di protesta partita da Yeouido per arrivare fino a casa di Chun, dove i manifestanti pretendevano delle scuse sincere nei confronti di vittime e familiari, l’ex presidente ha nuovamente negato il suo coinvolgimento nella strage, sostenendo di non doversi scusare per qualcosa che non ha commesso.
Fortunatamente, nonostante le continue smentite, il 22 maggio del 2011 Unesco ha riconosciuto questo tragico evento come Patrimonio Mondiale dei Ricordi e nel 2015 è stato aperto un sito web degliArchivi del 18 maggio dove vengono riportati video, storie ed immagini per non dimenticare.
La rivolta di Kwangju rimane senza dubbio una parte estremamente essenziale della storia coreana e non dovrebbe mai essere scordata. È importante ricordare ogni singolo caduto che si è immolato al fine di ottenere la democrazia di cui gode oggi la penisola, così da non permettere alla storia di ripetersi.
Benvenuti al terzo episodio di “Lezioni di storia coreana“, la rubrica di Mondocoreano per gli amanti della storia e per chi vuole saperne di più su questo fantastico paese che è la Corea del sud!
Come visto nelle precedenti puntate, la storia della penisola coreana è costellata di alti e bassi, di periodi di grande splendore e periodi di buio e disperazione e, proprio in ragione di ciò, non possiamo non parlare di un capitolo fondamentale per lo sviluppo contemporaneo e moderno della – attuale – Repubblica di Corea. A cosa ci riferiamo?
Ovviamente alludiamo all’occupazione giapponese, ma proviamo a ricostruire piano piano tutti i tasselli di questa storia.
Periodo storico
Soldati giapponesi arrivano a Seoul, Korea, durante la guerra russo-giapponese (1904-1905 circa), credits to yooniqimages
Quando parliamo dell’occupazione giapponese della Corea ci riferiamo ad un arco temporale che va dal 1910 fino al 1945 e rappresenta uno dei momenti più tristi e dolorosi della storia coreana, durante il quale gli abitanti persero, nel corso degli anni, quell’indipendenza che avevano faticosamente raggiunto durante l’epoca Joseon.
Possiamo dividere i 35 anni di colonizzazione nipponica, in 3 fasi distinte:
Primo periodo (1910-1920);
Secondo periodo (1920-1930);
Quindicennio finale (1930-1945);
Il primo periodo: gli anni ’10 del 900
Nel primo periodo, noto tristemente per la crudele repressione generale verso il popolo coreano, i giapponesi cercarono di distruggere l’orgoglio coreano sfruttando le risorse del Paese e cercando di colonizzare sempre di più la penisola: in questi anni venne instaurato un vero e proprio Stato di polizia al fine di reprimere e punire ogni sorta di ribellione da parte del popolo colonizzato. Cosa intendiamo con “stato di polizia”?
Lo stato di polizia è un’evoluzione dello stato assoluto, concetto che ha visto i suoi albori a partire dalle Grandi monarchie del 1700 in Europa (in particolare con Maria Teresa d’Austria e con Federico il Grande), e che ha come caratteristiche generali il raggiungimento del benessere dei cittadini tramite una fortissima centralizzazione dei poteri dello stato.
In risposta alla forte oppressione dei giapponesi all’interno del Paese, si formarono piano piano, al di fuori della Corea, delle associazioni patriottiche coreane, unite dal desiderio di liberare il Paese dalla furia nipponica.
Con la fine della Grande Guerra, i coreani videro nella Russia un possibile aiuto nella lotta contro i giapponesi e in questo clima di entusiasmo, ma anche di incertezze e paure, nacque il cosiddetto “Movimento del 1° marzo” per l’indipendenza del Paese (Samil undong).
Nel frattempo, il 22 gennaio 1919 morì l’ex re coreano Kojong e iniziò presto a circolare la voce che fosse stato avvelenato da un soldato giapponese e, ovviamente, questo non fece altro che aumentare notevolmente il malcontento all’interno del Paese e i capi della resistenza coreana ne approfittarono per unirsi ancora di più contro il nemico comune; il 1° marzo 1919 ci fu la lettura in piazza della dichiarazione di indipendenza davanti a una folla numerosissima che si sparse per le strade della capitale inneggiando all’indipendenza: purtroppo, però, la repressione fu brutale e migliaia di cittadini coreani vennero uccisi a colpi d’arma da fuoco mentre altri vennero rinchiusi in loculi senza uscita, lasciati morire tra le fiamme, così come vennero bruciate case, scuole e chiese.
Manifestazione del 1° Marzo 1919, una delle prime manifestazioni apertamente contro l’occupazione nipponica, credits to pilgrimwithapassport
Mai, fino ad allora, c’era stata una reazione così violenta ai danni del popolo coreano e il Giappone mostrò il suo lato più brutale e razzista e si pensa, infatti, che alla fine ci furono quasi 10.000 morti, 15.000 feriti e più di 50.000 imprigionati e, purtroppo, la natura pacifica della protesta coreana servì a ben poco, anzi tutto ciò aveva portato al massacro generale di un Paese che aveva cercato di tornare a splendere come una volta.
I coreani, però, non si lasciarono abbattere dalla brutalità e dai massacri messi in atto dai nipponici, infatti, la resistenza continuò nel suo durissimo percorso e il 10 aprile 1919 venne costituito a Shanghai un governo provvisorio coreano mentre i coreani esuli in Manciuria attaccavano le unità giapponesi: se, da una parte, il governo provvisorio avviava attività diplomatiche col resto del mondo, la lotta armata della resistenza, riprese più forte che mai.
Il secondo periodo: gli anni ’20 del 900
Seoul, Korea, durante il periodo d’occupazione giapponese, credits to OoCities
Il decennio che venne a seguire, visti gli esiti del primo periodo, non prometteva nulla di buono, eppure, il Giappone decise di ridurre in parte la propria dominazione in terra coreana e questo fu l’inizio della cosiddetta “politica illuminata”, in cui vennero usati metodi più umani e data qualche concessione in più ai colonizzati, permettendo addirittura a qualche coreano di entrare nei ruoli dell’amministrazione, venne anche consentita la stampa di quotidiani coreani (seppur sotto parziale censura), che ancora oggi esistono e sono tra i maggiori quotidiani della Corea. Quali sono questi giornali?
Il Chosun Ilbo (조선 일보, 朝鮮 日報)!
Comunque, nonostante queste piccole concessioni date ai coreani, questi furono gli anni in cui il Giappone, provato anche dalla prima guerra mondiale, sfruttò al massimo le risorse coreane, sarà infatti in questo periodo che la Corea diventerà il “Granaio del Sol Levante”, con le sue industrie e la manodopera a basso costo, fornita dai lavoratori locali, non a caso, in questi anni, molti coreani, in preda alla disperazione, emigreranno in Manciuria e nello stesso Giappone per fuggire alla dominazione nipponica.
In questi anni, l’odio tra le due etnie divenne sempre più grande e la lotta armata continuò per tutto il decennio, insieme a quella politica. Il 1° settembre 1923 Tokyo fu gravemente danneggiata da un terremoto e i nipponici sfogarono la loro rabbia e frustrazione facendo strage dei coreani presenti sulla loro terra.
La “politica illuminata” fu un fallimento e il decennio si chiuse in un turbinio di violenza.
Il quindicennio finale: gli anni dal 1930 al 1945
Questi ultimi 15 anni segnarono l’ultima fase del dominio giapponese in terra coreana, fu il periodo dell’alleanza col nazi-fascismo e di un Giappone più che mai imperialista e nazionalista: in questi anni i nipponici tenteranno di allargare sempre di più i loro confini, con la conquista della Manciuria nel 1931 e la repressione sui coreani divenne sempre maggiore.
Soldato giapponese colto mentre si prende gioco – forse – di due anziani coreani, credits to imgur
Questa volta, però, i coreani non si fermarono alla semplice guerriglia e presero anche loro a rispondere alla violenza giapponese con altra violenza, dando il via ad una serie di attentati e, uno dei più importanti, fu quello ai danni dell’imperatore giapponeseHirohito a Tokyo e, poco più tardi, seguì quello a un ambasciatore giapponese in Manciuria, da parte di una donna coreana sessantenne, che una volta catturata, si lasciò morire di fame in cella.
A questo punto i giapponesi, stanchi delle rivolte da parte dei coreani, iniziarono ad attuare una repressione forzata, volta ad annullare completamente l’identità coreana, un’autentica operazione di “pulizia etnica”, infatti i programmi didattici nelle scuole cambiarono drasticamente dando maggiore importanza allo studio della lingua giapponese e anche alla conoscenza della storia, secondo i canoni giapponesi, e si arrivò al punto che fu vietato completamente l’uso della lingua coreana in pubblico: anche la religione, subì delle conseguenze, infatti dal 1935 in poi, tutti i coreani dovevano seguire le cerimonie Shinto e questo, ovviamente, portò all’ennesimo malcontento che sfociò in ribellione da parte dei fedeli dell’altro credo e, anche in questo caso, la punizione dei nipponici non tardò ad arrivare e molti sacerdoti vennero arrestati ed espulsi i missionari.
Slogan come “Nissen yuwa” (armonia fra Giappone e Corea) e “Naisen ittai” (Giappone e Corea, una sola nazione) non facevano che confermare l’estrema ipocrisia e, allo stesso tempo, ferocia del popolo colonizzatore che non aveva alcuna intenzione di allentare la presa e lasciare libertà ai cittadini schiavizzati, ormai allo stremo delle forze.
Gli ultimi anni del dominio giapponese furono, forse, quelli più drammatici: nel 1937 scoppiò la guerra tra Giappone e Cina, vennero arruolati soldati coreani che, volenti o nolenti, dovevano combattere al fianco dei nuovi padroni, contro un nemico che non era il loro, così come tutti i soldati coreani furono costretti ad assumere nomi giapponesi; nello stesso periodo (intorno al 1939), tutti i giornali in lingua coreana furono soppressi, ad eccezione di uno, il “Maeil Sinbo” (Nuovo quotidiano).
Nel 1941, con l’attacco a Pearl Harbor, il Giappone entrò ufficialmente nel secondo conflitto mondiale e non mancò occasione per infierire ancora sul popolo coreano, infatti in questi anni migliaia di donne vennero sequestrate e usate per soddisfare i piaceri personali dei soldati giapponesi: si parla in proposito delle “comfort women”, termine vivo ancora oggi in Oriente e utilizzato dal popolo coreano che rivendicava la propria dignità e libertà, completamente distrutta in quei drammatici anni.
Un gruppo di “comfort women” appena reclutate, credits to pilgrimwithapassport
NB: lo sapevate che è ancora in corso una questione legale (e sociale, prevalentemente) secondo la quale il popolo coreano vorrebbe essere risarcito dal Giappone per i danni subiti?
Con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki terminò l’oppressione dei giapponesi sulla Corea che, piano piano, lasciarono il paese e, il 15 agosto 1945, finalmente la Corea poté ritenersi libera dai colonizzatori: una libertà amarissima, costata milioni di vittime e che lasciò profonde cicatrici, sul popolo coreano, oppresso per più di 30 anni.
Abitanti di Seoul esultano e festeggiano per strada la liberazione dall’occupazione giapponese insieme ai prigionieri del carcere di Seodaemun appena liberati (15 Agosto 1945), credits to fmkorea
Se siete curiosi di sapere come hanno reagito gli artisti moderni e le nuove generazioni a questo triste periodo della storia coreana, passate a dare un’occhiata alla nostra rubrica #Hipstory dove potrete trovare un episodio dedicato interamente al Movimento del primo marzo e all’indipendenza coreana visto tramite gli occhi dell’artista hip-hop Bewhy!
Dopo essermi laureato alla facoltà di lingue orientali a Roma, studiando la lingua e cultura coreana, sono stato più di un anno in Corea, lavorando come coach di calcio per ragazzi coreani, dai 5 ai 18 anni. A causa del covid, sono dovuto rientrare in Italia, ma la speranza di poter tornare in Corea, è sempre viva!
Tutti noi conosciamo la parola “Hwarang”, grazie al drama coreano dal titolo omonimo, che vede protagonisti una serie di ragazzi “bellocci”, di alta estrazione sociale, abili nello sport e nelle arti marziali. Ma chi sono esattamente questi cavalieri?
Contesto storico
La forza militare dei Hwarang nasce in un periodo di grandi conflitti all’interno della Corea e, storicamente, questo periodo viene definito “Periodo dei 3 regni” (57 a.C.- 668 d.C.), in riferimento ai tre grandi popoli (Silla, Paekche e Koguryo) in costante guerra tra di loro per il dominio assoluto del Paese.
Intorno ai primi decenni del 500 d.C., dopo anni di lotta estenuante, il re Jinheung di Silla, decide di fondare una classe militare in grado di poter fronteggiare gli attacchi nemici e che potesse garantire la vittoria sul campo: nasce cosi la classe militare dei “giovani in fiore” o Hwarang (화랑 o 花郞, “Hwa” fiore, “Rang” giovane), una classe elitaria, che prevede solo ragazzi giovani, di famiglia nobile e di bell’aspetto, che possano eccellere non solo nelle arti belliche ma anche nella poesia e letteratura.
Tuttavia, va detto anche che qualche storico sostiene che i cavalieri Hwarang altro non erano che un gruppo di giovani perditempo, amanti del vino, delle donne e delle arti marziali, i quali si riunivano periodicamente sulle montagne, per dilettarsi nell’arte del combattimento.
Come funziona l’ordine dei cavalieri Hwarang?
I Hwarang vengono selezionati dalla corte reale, fin da bambini, in base alle loro qualità e talenti naturali come intelligenza, forza, statura, e non meno importante, la bellezza: essi rappresentano la perfezione della nobiltà giovanile, guidati per raggiungere l’apice delle prestazioni umane.
I Hwarang sono fortemente influenzati dal buddismo, infatti il nome stesso “Hwarang” non è casuale ma riflette il simbolismo del credo religioso buddista perché il fiore di loto (Hwa), rappresenta la purezza, la divinità, l’illuminazione: non a caso il corpo militare in questione doveva rappresentare l’ideale buddista del giovane leader carismatico e patriottico, guerriero che cresce e diventa uomo, secondo una via illuminata.
I cavalieri Hwarang e il loro codice etico
I Hwarang, hanno un vero e proprio codice etico da seguire e rispettare, basato su 5 regole, di matrice confuciana e buddista:
Fedeltà al proprio signore;
Pietà filiale verso i genitori, propri e degli altri;
Fiducia e fedeltà tra camerati;
Mai ritirarsi in battaglia;
Non uccidere, se non necessario;
I Hwarang, sviluppano ogni aspetto del loro potenziale, sotto la guida dei migliori maestri, in differenti arte e scienze, ad esempio nei combattimenti, sono allenati in ogni tipo di conflitto, armato, disarmato e di gruppo.
Lo sapevate che si racconta che i Hwarang fossero in grado di lanciare calci ad una velocità tale da sembrare attacchi di spada agli occhi dei nemici?
Com’erano organizzati?
Il corpo dei Hwarang viene indicato con il termine “Hwarangdo”, dove la sillaba “do” sta per “gruppo” e non “via”, come nelle arti marziali, e ha al suo interno delle differenziazioni, infatti troviamo i “Kukson” e “Rangdo”. Chi sono?
I primi, sono i hwarang di livello più alto, infatti il termine Kukson indica “l’immortale della nazione”, ad intendere un leader carismatico, che possiede doti sovrannaturali, mentre i “Rangdo” sono “i discepoli dei giovani Hwarang”, gruppi di giovani di livello più basso, talvolta anche non di origine aristocratica, che vengono affidati ad un Hwarang, per essere istruiti e allenati, affinché diventino anche loro un potenziale utile al Paese.
Kim Yushin: il più grande dei cavalieri Hwarang
Va ricordato, come cavaliere Hwarang più importante nella storia dei Silla, il generale Kim Yushin, nipote del re Jinheung, il quale diventa cavaliere Hwarang a 15 anni e a 18 un formidabile spadaccino e uno dei più grandi generali e leader dell’antica Corea: è uno dei pochi cavalieri ad essere sopravvissuto per più di 60 anni e il suo contributo è stato fondamentale per l’unificazione dei 3 regni sotto il potere dei Silla, non a caso il suo potere militare, politico e la sua saggezza, ne fanno un personaggio mistico per i coreani e la sua tomba infatti, è ancora oggi un monumento molto importante in Corea.
Per concludere, quindi, proprio grazie a questa nuova forza militare dei Hwarang, e anche all’aiuto degli alleati cinesi Tang, il popolo Silla riesce a conquistare tutta la penisola coreana, per la prima volta unita da un’unica popolazione, si parla infatti del regno unito di Silla (o Silla unificato) del 668 d.C.
Se volete saperne di più e scoprire quali legami si intrecciano ancora tra il presente e il passato coreano, abbiamo creato una nuova rubrica dal nome #Hipstory, il cui obiettivo è proprio quello di svelare tutti questi piccoli segreti: passate a dare un’occhiata!
Vi piacciono queste pillole di storia coreana? Fatecelo sapere nei commenti!
Autore: Massimo Gaz
Amante e studioso della cultura orientale, mi sono appassionato alla Corea, in tutte le sue sfaccettature, più di 10 anni fa, laureandomi alla facoltà di lingue orientali di Roma. Oltre alla storia e cultura, amo le arti marziali (taekwondo e hwarangdo) e la musica coreana, soprattutto rock e anche qualcosina di pop. Ho lavorato un anno in Corea e spero di tornarci il prima possibile. 화이팅!
Dopo essermi laureato alla facoltà di lingue orientali a Roma, studiando la lingua e cultura coreana, sono stato più di un anno in Corea, lavorando come coach di calcio per ragazzi coreani, dai 5 ai 18 anni. A causa del covid, sono dovuto rientrare in Italia, ma la speranza di poter tornare in Corea, è sempre viva!