Car* amiche e amici di Mondo Coreano, lettrici e lettori di questo blog e followers da tutte le parti del mondo, l’articolo di oggi sarà un articolo un po’ diverso dal solito, quindi chiediamo scusa se risulteremo un po’ di parte e se, in questa piccola occasione, ci permetteremo di strafare un po’ e di mettere da parte il nostro solito tono. Perché tutta questa premessa? Che succede?
Oggi è un giorno particolare e un po’ una piccola vittoria per tutti quanti.
Chissà a quanti sarà capitato di sentirsi dire “Ma perché la Corea e non un altro paese?”, “Ma cosa ci trovi di interessante?” oppure “Ma lo capisci quello che dicono?”: è quasi un passaggio obbligatorio per tutti quelli che hanno provato ad addentrarsi nel mondo dell’hallyu, quella sorta di terzo grado che tutti almeno una volta siamo stati costretti a subire non appena abbiamo provato a tirare fuori l’argomento.
Un trend di Tik Tok dice “Mum, it was never a phase”, “Mamma, non era una fase”, e forse questo è quello che molti di noi vorrebbero urlare a squarciagola nel bel mezzo di un concerto K-Pop: no, non era una fase quella dei capelli colorati, non era una fase quella dei soldi da parte per comprare un biglietto con destinazione Seoul, non era una fase nemmeno quella delle lezioni di coreano online! Nessuna di queste era una fase, era ed è la realtà di molti!
Negli ultimi tempi, però, le cose stanno lentamente cambiando e sempre più persone si stanno interessando a questo mondo, cercando di capire cosa abbia di così attraente da convincere grandi e piccini a imparare una nuova lingua, nuove tradizioni e a prendere un aereo alla scoperta di un paese dall’altro lato del mondo.
Ma quindi, cosa succede?
Bene, tutto questo giro di parole per dire solo una cosa: da oggi avrete la possibilità di entrare ancor più da vicino dentro questo mondo e trascinare con voi anche le persone a voi vicine, viaggiando direttamente da casa vostra (per ora…?), SOGNANDO tutti insieme SEOUL!
Con enorme piacere (e con le lacrimucce agli occhi) vi presentiamo: Sognando Seoul: Vita, cultura e segreti per chi ha la Corea nel cuore!
Il libro della nostra Rachel è finalmente disponibile in pre-order dopo un anno di lavoro (quanta fatica per mantenere il segreto…) e in libreria dal 9 Maggio 2023!
Info tecniche
Titolo: Sognando Seoul. Vita, cultura e segreti per chi ha la Corea nel cuore
Autrice: Rachel Sonnino (@mondo_coreano)
Editore: DeAgostini
Data di uscita: 9 Maggio 2023
Descrizione: “Sognando Seoul. Vita, cultura e segreti per chi ha la Corea nel cuore” è il libro ideale per chi vuole sapere tutto della Corea del Sud e sogna di visitare il Paese. A scriverlo è Rachel Sonnino diventata famosa su Instagram con il profilo @mondo_coreano in cui diverte e incuriosisce i suoi oltre 40.000 follower condividendo contenuti piacevoli e informativi sulla Corea. Dal cibo alla moda, dal K-pop alla beauty routine, fino a parlare dei k-drama: in questo testo aspirazionale per ragazzi e giovani adulti l’autrice racconta stranezze e aneddoti vissuti durante i suoi viaggi. Esperienze e ricordi che descrivono un Paese ormai culto in Italia e una popolazione ricca di tradizioni, dove regna la cultura dello shopping, soprattutto a Seoul, e in cui si parla una lingua piuttosto singolare. Un vero e proprio tuffo nell’universo coreano sia per coloro che già conoscono e amano il Paese, sia per chi è semplicemente stuzzicato dalla curiosità e vuole saperne di più. Con questo nuovo libro, ricco di fotografie e illustrazioni a colori, Rachel vuole diffondere la cultura coreana a tutti coloro che hanno voglia di scoprire un paese all’apparenza molto lontano da noi ma che in realtà è più vicino di quanto immaginiamo.
Quindi, cosa state aspettando? Siete curiosi di partire per questo primo viaggio alla scoperta di Seoul?
Se non vedete l’ora come noi, correte a preordinare la vostra copia!
Eterna Sagittario, è capitata in questo mondo per sbaglio e non ne è più uscita, riscoprendo se stessa e ciò che la circonda. Un giorno sì e l’altro pure sogna di scappare in Corea: probabilmente lo farà molto presto. Il suo motto preferito è: 시작이 반이다, “l’inizio è la metà”.
La storia coreana è una storia non poco intricata e, specie quella dello scorso secolo, è segnata da numerosi eventi che hanno lasciato una ferita enorme nella coscienza e nel cuore della nazione.
Uno di questi eventi è, certamente, il periodo dell’invasione nipponica, 35 anni di dominio giapponese durante i quali il popolo coreano ha lentamente e dolorosamente perso la propria indipendenza, gloria e, purtroppo, anche l’onore, specie in ragione della politica di pulizia etnica e di completo sfruttamento della popolazione portata avanti dal Giappone.
Come abbiamo già raccontato in un altro articolo (che, se non avete letto, vi invitiamo a leggere se siete appassionati di storia), il periodo della dominazione giapponese può essere riassunto in tre fasi:
Primo periodo (1910-1920): questo periodo è caratterizzato da uno “stato di polizia”, con i giapponesi che ripetutamente tenteranno di cancellare l’identità coreana.
Secondo periodo (1920-1930): questo periodo, a differenza del primo, sarà caratterizzato da una “politica illuminata”, con una parziale (e solo apparente) apertura dei giapponesi verso i coreani, che continueranno ad essere sfruttati come manodopera a basso costo.
Terzo periodo (1930-1945): quest’ultimo periodo sarà quello più crudele, durante il quale verrà messa in atto la più brutale politica di pulizia etnica e di repressione forzata dell’identità e della storia coreana.
Durante questi periodi, ovviamente, la popolazione coreana non rimarrà inerme davanti alla violenza giapponese, infatti sin dai primi anni saranno numerosi i tentativi di sovvertire la situazione, con episodi di guerriglia urbana dapprima e poi veri e propri attentati ai danni delle più alte cariche giapponesi (pensiamo all’attentato all’imperatore Hirohito a Tokyo e, poco dopo, all’attentato all’ambasciatore giapponese in Manciuria).
Tra gli episodi di guerriglia passati alla storia per la loro importanza c’è sicuramente quello del Movimento del primo marzo, il Samil Undong (삼일운동): questo evento è talmente tanto importante da essere ancora festeggiato in Corea, quindi se a marzo doveste trovarvi in Corea, non stupitevi se doveste vedere scuole e uffici chiusi e bandiere coreane appese ovunque!
Perché è un evento così importante?
Il Movimento del primo marzo ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei rapporti tra Corea del sud e Giappone durante il periodo di dominazione giapponese, perché è il primo dei sintomi di una forte resistenza del popolo coreano nei confronti dell’invasore, resistenza che nel corso degli anni si radicherà sempre di più negli animi e nelle menti dei cittadini.
Il Movimento del primo marzo è, a tutti gli effetti, un movimento di resistenza e risposta all’invasione giapponese che inizierà ad operare già a partire dai primi anni dell’invasione in via clandestina, sfruttando l’appoggio di cittadini appartenenti a tutte le classi sociali e tutte le professioni, ma anche numerosi intellettuali che si erano rifugiati all’estero per scappare dal paese.
Il primo marzo 1919 è una data fondamentale nella storia coreana perché quel giorno avverranno delle grosse manifestazioni che vedranno scontrarsi l’esercito giapponese e milioni di cittadini coreani (storici affermano che, in questa occasione, più di due milioni di cittadini scenderanno in strada a protestare): durante questo evento, 33 membri del Movimento leggeranno in pubblica piazza la Dichiarazione di Indipendenza coreana, scatenando l’ira dei giapponesi ma anche dando via a più di 1500 manifestazioni autonome che coinvolgeranno tutto il territorio nazionale.
Al minuto 20:15 è possibile vedere la idol ed ex membro delle I.O.I, Jeon So Mi, leggere un estratto della Dichiarazione di indipendenza, in rappresentanza delle famiglie multiculturali e del mondo dell’intrattenimento coreano, accanto a discendenti di membri del Movimento durante i festeggiamenti del 102 esimo anniversario, nel 2021
Purtroppo, molti dei partecipanti a questa manifestazione verranno uccisi sul luogo oppure arrestati e torturati in prigione ma questo non fermerà la resistenza coreana che, da quel momento in poi, si farà sempre più forte e, a tratti, anche violenta.
Come viene ricordata questa ricorrenza?
Buona parte della popolazione passa questa giornata, istituita festa nazionale nel 1949 (che ha preso il nome di 삼일절, samil jeol), in casa con la famiglia, esponendo dalle finestre il Taegeukgi, la bandiera coreana, ma è anche possibile visitare dei luoghi simbolo per questo movimento, ad esempio il Tapgol Park (o Pagoda Park) nel quartiere di Jongno-gu, dove avvenne la lettura della Dichiarazione di Indipendenza nel 1919, dando il via agli scontri.
Tapgol Park (foto di @mondo_coreano)
We have arisen now. Conscience is on our side, and truth guides our way. All of us, men and women, young and old, have firmly left behind the old nest of darkness and gloom and head for joyful resurrection together with the myriad living things. The spirits of thousands of generations of our ancestors protect us; the rising tide of world consciousness shall assist us. Once started, we shall surely succeed. With this hope we march forward.
Siamo insorti. La coscienza è dalla nostra parte, e la verità ci guida. Tutti noi, uomini e donne, giovani e anziani, abbiamo abbandonato con prontezza il vecchio nido oscuro e triste e ci siamo indirizzati verso la resurrezione gioiosa insieme alle altre creature viventi. Gli spiriti dei nostri antenati ci proteggono, la crescente [ondata della] consapevolezza del mondo [verso la nostra situazione] ci assisterà. Una volta iniziato, sicuramente usciremo vittoriosi. Con questa speranza, marciamo.
Estratto della Dichiarazione di Indipendenza coreana
Taegeukgi (foto di @mondo_coreano)
In alternativa alla visita al Tapgol Park, alcuni coreani sfruttano questa ricorrenza per visitare la prigione di Seodaemun, dove vennero incarcerati tutti coloro che vennero arrestati durante le manifestazioni del primo marzo, passato alla storia come luogo di tortura e di sofferenza e, proprio per questo motivo, luogo di “pellegrinaggio” per i coreani per ringraziare i propri compatrioti che hanno combattuto con coraggio e forza, talvolta rimettendoci la vita, nel nome della libertà di tutti; un’ulteriore luogo da visitare, non solo il primo marzo ma in generale per scoprire un po’ di più la storia coreana, è sicuramente la Independence Hall of Korea, un museo di storia contemporanea coreana nella città di Cheonan.
Questa storia è tristemente affascinante e, purtroppo, è davvero difficile reperire del materiale interessante dal quale poter studiare e informarsi in italiano e, soprattutto, per imparare in modo rapido e non “accademico”: proprio per questo motivo, vi suggeriamo alcuni contenuti tra K-Drama, K-Movie, K-Documentary, K-Books e K-Music per scoprire qualcosa di più su questa vicenda. Pronti a segnare tutto?
K-Drama
Different dreams (K-Drama)
Anno: 2019 Genere e numero episodi: azione, storico, romantico, medico | 40 episodi Dove vederlo: Viki Rakuten Trama: uscito in occasione del 100esimo anniversario degli eventi del Primo Marzo, questo Drama è ambientato proprio nel periodo dell’invasione giapponese della Corea.
Due sono gli eventi che scuoteranno il paese, il Movimento del Primo marzo e la creazione del Governo provvisorio coreano a Shanghai, ma ce ne sarà un terzo che, seppur di nascosto, avrà un grande ruolo nella conquista dell’indipendenza coreana: la creazione degli Heroic Corps, un armamento segreto per la libertà.
Il protagonista di questo drama, noto a tutti con il nome di Kim Won Bong, interpretato da Yoo Ji Tae, è un comandante di questi gruppi paramilitari, famoso per la sua astuzia e bravura nel condurre le truppe, ma soprattutto per la sua sete di indipendenza per il proprio paese: un giorno, però, il cammino di Won Bong si incrocerà con quello di Lee Young Jin, interpretata da Lee Yo Won, una donna coreana adottata in giovane età da un medico giapponese che seguirà le orme del padre, entrando all’università di Shanghai e che farà ritorno a Joseon per diventare il primo chirurgo donna.
Se dapprima si trovano su due posizioni ideologiche differenti, ben presto le cose prenderanno una strada diversa.
Jejoongwon (K-Drama)
Anno: 2010 Genere e numero episodi: drama storico, romantico, medico | 36 episodi Dove vederlo: Prime video Trama: questo drama racconta le vicende di alcuni apprendisti medici presso il Jejoongwon durante i primi anni dell’impero giapponese, narrando da un punto di vista esterno (e non solo) i tumulti dei primi anni dell’occupazione giapponese.
Il Jejoongwon è il primo ospedale moderno in tutta la Corea, fondato durante il periodo Joseon nel 1885 su richiesta dell’imperatore Gojong, spinto dai consigli del missionario americano Horace Newton Allen ed è famoso perché qui venivano curati tutti i tipi di pazienti, al di là dello status sociale o economico.
Freedom fighter Lee Hoe Young (K-Drama)
Anno: 2010 Genere e numero episodi: storico | 5 episodi Dove vederlo: Dramacool Trama: parte di un programma volto a commemorare il centenario dell’annessione forzata della Corea del Sud al Giappone, questo Drama è stato ideato da KBS ed è la terza e ultima parte della serie “noblesse oblige“, volta a raccontare le storie di coloro che hanno sacrificato tutti i loro averi, compresa la vita, per la causa dell’Indipendenza.
Freedom fighter segue le vicende di Lee Hoe-Young, un combattente per l’indipendenza molto facoltoso che donò tutti i suoi risparmi per la causa e si spostò in Manciuria per aprire una scuola di formazione per soldati e ribelli; successivamente, si unirà alle forze anarchiche di Shanghai contro le forze giapponesi: verrà arrestato, torturato e morirà in cella per mano giapponese.
L’intero Drama è raccontato dal punto di vista del corrispondente di guerra giapponese Kimura Junpei, che aveva il compito di raccontare delle operazioni e azioni di Lee Hoe-Young: inizialmente descritto come un terrorista, con il passare del tempo il reporter si renderà conto delle buone intenzioni e motivazioni di fondo dell’uomo, tra i fautori principali dell’Indipendenza coreana, seppur non in prima linea.
Assassination o Amsal (K-Movie)
Anno: 2015 Genere e durata: azione, storico, drama | 2 hr. 19 min. Dove vederlo: Apple TV, Viki Rakuten Trama: ambientato durante l’occupazione giapponese, tra il 1911 e il 1930, ad un agente viene dato il compito di assemblare un gruppo per assassinare un comandante giapponese e un collaboratore coreano liberando tre prigionieri a Shanghai, tuttavia il piano non va come previsto, dando via ad un’intricata caccia all’uomo.
Questo film vanta un cast niente male, infatti troviamo nel ruolo di protagonista principale Lee Jung Jae, affiancato da Jun Ji Hyun(My Love from the star, The legend of the blue sea, Kingdom, Jirisan), Ha Jung Woo(Ashfall, Miss and Mrs. Cops, The Closet, Entourage, Narco-Saints).
K-Book
Come tigri nella neve – Kim Juhea
Anno: 2022 Autore: Juhea Kim Editore: Nord Genere e numero di pagine: narrativa, storico | 368 pagine Trama: ambientato in una Corea del 1917, in pieno periodo giapponese, “Come tigri nella neve“, romanzo di esordio di Kim Juhea, racconta la storia di un uomo e una donna, legati da quello che in coreano si chiama “inyeon” (인연), un legame profondo che prescinde dal tempo e dallo spazio, che esiste nonostante gli imprevisti e gli accadimenti, un uomo e una donna che si ritroveranno e perderanno nei meandri della storia, una vicenda d’amore tra due persone che si intreccia con l’amore per la libertà e per la giustizia.
I personaggi di questa storia sono persone di ogni estrazione sociale, provenienti da tutte le parti della Corea e con sogni e speranze di qualunque genere, ognuno alla ricerca di un proprio posto in un mondo in tumulto e in costante rivoluzione, con la guerra alle porte, anche del proprio cuore.
Sinossi: Corea, 1917. È la disperazione a spingere il cacciatore. Da giorni segue le tracce sulla neve, nella speranza di trovare una preda con cui poter sfamare i suoi figli. Ma la ricerca viene interrotta dall’incontro con un gruppo di ufficiali giapponesi, persi tra quelle montagne. E dall’apparizione di una tigre. D’istinto il cacciatore interviene facendo fuggire la tigre, per poi guidare i giapponesi verso la salvezza. Un gesto che segnerà il futuro della sua famiglia. Jade ha solo dieci anni quando la madre la vende a una casa di cortigiane. Un sacrificio dettato dalla povertà, che però Jade ben presto capisce essere un’occasione. Solo le donne più belle e raffinate possono far parte di quel mondo e, un giorno, comprare la propria libertà. Tuttavia, quando una tragedia colpisce la casa, Jade è costretta a trasferirsi a Seul. Dove il suo destino l’aspetta… Alla morte del padre, Jung-ho non ha altra scelta che lasciare il suo villaggio di cacciatori e tentare la sorte nella capitale, ingrossando le fila dei giovani randagi che sopravvivono grazie a sotterfugi e piccoli furti. Eppure gli basta posare una volta lo sguardo su Jade, per capire di voler diventare un uomo degno di lei. Comincia allora la sua scalata verso il successo, prima nel sottobosco della malavita, poi nel mondo ancora più insidioso e ambiguo della politica, diviso tra i padroni giapponesi e il movimento nazionalista che lotta per l’indipendenza. Una corsa al potere su cui Jung-ho scommette ogni cosa, rischiando però di perdere tutto.
Se avete già letto questo libro e siete curiosi di sapere cosa ne pensiamo, la nostra Irene ha pubblicato una recensione per la rubrica #K-Book!
Se, invece, vi siete incuriositi e volete leggerlo anche voi (e farci sapere la vostra opinione), potete acquistarlo qui!
K-Documentaries
Se i libri non sono il vostro forte, specie quelli di storia iper specifici, ma volete comunque avere un approccio più “tecnico” alla vicenda, invece che romanzato, questi documentari fanno sicuramente al vostro caso!
ATTENZIONE! Alcuni trattano delle tematiche e argomenti non semplici né piacevoli, quindi se siete facilmente impressionabili o sensibili, vi sconsigliamo la visione di questi contenuti.
How schoolgirls became independence fighters in 1919
Questo documentario super interessante e super breve (poco più di 4 minuti) prodotto da Korea Now in lingua inglese (purtroppo, niente sottotitoli) spiega in modo chiaro e semplice quanto il Movimento del Primo marzo sia stato un movimento globale, che ha coinvolto tutte le fasce della popolazione, comprese le studentesse che portavano avanti attività clandestine di volantinaggio, stampa e preparazione di volantini a favore della causa coreana.
1919 to 2019: the centenary of 1st March Movement
Molto più lungo e dettagliato di quello precedente, questo documentario di Arirang TV spiega l’evoluzione della lotta verso l’indipendenza coreana e verso la costruzione di una nuova identità nazionale, ancora ferita e sanguinante a causa dei terribili ricordi impressi nella memoria di tutta la popolazione.
Life as a “comfort woman”
Questa è una video intervista di Asian Boss ad una delle ultime comfort women coreane, Kim Bok Dong: il fenomeno delle comfort women è una ferita ancora aperta della storia coreana, per la quale è ancora in corso una causa intentata da alcune associazioni coreane contro il Giappone per ottenere le scuse ufficiali del paese nei confronti di tutte quelle donne, giovanissime nella maggior parte dei casi, che sono state strappate alle loro famiglie e usate come carne da macello, o per meglio dire “da piacere”, per gli uomini dell’esercito giapponese prima e durante la seconda guerra mondiale.
Seppur non sia esattamente inerente con il Movimento del Primo marzo, questo video permette di comprendere meglio quanto invivibile fosse la situazione in Corea del Sud durante quegli anni e quanto tempo debba ancora passare prima che la ferita si rimargini davvero.
TRIGGER WARNING! In questo video vengono menzionati abusi sessuali, violenze su minori, gravidanze non volute e altri temi che possono urtare la vostra sensibilità.
The March First movement
Girato in occasione del centenario dei fatti del primo marzo 1919, questo video della The Korea Society, un’organizzazione non-profit, apolitica e di promozione sociale e culturale che si occupa dei rapporti tra Stati Uniti e Corea del Sud, spiega in 40 minuti e in modo abbastanza approfondito e specifico l’evoluzione del Movimento del Primo marzo e le sue azioni, ma anche gli impatti a livello economico e sociale nello sviluppo degli eventi successivi e del paese in generale, superato il 1945.
K-Music
Ultima, ma non per importanza, anche il mondo della musica ha sentito l’urgenza di raccontare la storia del Movimento del Primo marzo, in particolar modo ricordiamo due canzoni del rapper coreano BewhY e una canzone delle DIA.
My land (BewhY)
상해에서부터 서울 종로 종로 한복판에서 한반도 우리 100년의 역사는 저들이 아닌 우리 열사들의 핏자국이 감독 한 세기의 외침이 지금을 창조 앞으로의 100년을 향한 한 보 너와 내가 우리가 되어야만 완고 해지겠지 투쟁 안에서 평화만을 낭독
Da Shanghai a Jong-no, Seoul, il cuore della penisola coreana Questi nostri 100 anni di storia sono stati diretti dal sangue dei nostri missionari, non da loro Le grida di un secolo creano il presente e il passaggio per i prossimi 100 anni Dobbiamo rimanere insieme per creare la pace all’interno di questa lotta
Il brano è scritto dal punto di vista dei combattenti e nel video viene rappresentata e ricordata una figura considerevole della storia coreana, l’eroina Yu Gwan-sun, una giovane attivista che a soli 19 anni guidò il Primo Movimento per l’Indipendenza contro il dominio coloniale imperiale giapponese nella zona meridionale del Chungcheong: riuscirà a far scendere in piazza più di 3000 cittadini e, proprio per questo, verrà arrestata e imprigionata dai giapponesi, qui torturata fino alla sua morte, trasformandola in una delle più giovani martiri dell’Indipendenza coreana.
Mansae (BewhY)
오직 혁명뿐 물러나기 전까지 영원히 너네는 public enemy 사진을 찍어줘 죽기 전 마지막 나의 swagging 나라를 위해 죽는 민족 무릎은 하늘 앞에서만 꿇겠지 너의 것은 파괴되고 우리의 것은 재창조돼 악은 언제나 선에게 짓밟히게 돼있어 축제의 장은 열려 코레아우라
Fino a che la rivoluzione non terminerà, sarai per sempre un nemico pubblico Scatta una foto del mio swag prima di morire Le persone che perdono la vita per questa Nazione possono inginocchiarsi solo di fronte al cielo Ciò che era tuo verrà distrutto, ciò che era nostro verrà ricreato Il male è sempre stato calpestato dal bene Apri le tende del sipario al festival, Corea
Mansae è una canzone che ci porta alla scoperta della lotta verso l’autodeterminazione coreana, infatti è stata scritta dal rapper proprio in occasione del centenario dei fatti del primo marzo ed è stata portata sul palco di Infinite Challenge dal rapper e dal comico Yang Se-hyung.
Il titolo Mansae non è una scelta casuale, perché Mansae (letteralmente diecimila anni) e Cheonsae (letteralmente milleanni) erano modi di dire utilizzati in maniera interscambiabile durante la dinastia Choseon, quindi facevano già parte dell’ideologia nazionale: la parola Mansae divenne famosa grazie agli attivisti del Club dell’Indipendenza Coreana (독립협회 Dongnip hyeophoe) e dai Movimenti dell’Illuminismo Patriottico, i quali diedero un significato ancora più profonda a questa parola di uso comune che, poi, arrivò a promuovere un senso di unità nazionale, infatti durante le manifestazioni del primo marzo Mansae fu proprio uno degli slogan urlati a pieni polmoni da parte della folla contro l’esercito giapponese schierato.
FUN FACT: non è un caso che il Movimento del primo marzo e, in generale, i fatti del primo marzo siano noti anche con il nome di “Mansae demonstrations”!
Se siete curiosi di leggere un’analisi più approfondita di questi due iconici brani, vi consigliamo la lettura di questo articolo scritto dalla nostra Anna per la rubrica #Hipstory!
Geon Gon Gam Ri (DIA)
Pubblicata nel 2017, questa canzone del gruppo femminile DIA è un omaggio ai connazionali che hanno combattuto per la libertà della Corea durante i tumulti del periodo giapponese.
Il titolo “Geon gon gam ri” è un riferimento ai nomi dei quattro trigrammi che si trovano sul Taegeukgi, che rappresentano movimento e l’armonia come fondamenti principali e i trigrammi che rappresentano ognuno un elemento classico: cielo (Geon), terra (Gon), luna (Gam), and sole (Ri).
Siamo giunti alla fine di questo articolo e siamo certi che ormai avrete tutti gli strumenti per informarvi su questo evento che ha segnato irrimediabilmente la storia coreana! Quale altro evento storico vorreste attenzionare? Fatecelo sapere nei commenti, a presto!
Eterna Sagittario, è capitata in questo mondo per sbaglio e non ne è più uscita, riscoprendo se stessa e ciò che la circonda. Un giorno sì e l’altro pure sogna di scappare in Corea: probabilmente lo farà molto presto. Il suo motto preferito è: 시작이 반이다, “l’inizio è la metà”.
Lo scorso settembre, con una dedica carina carina, ho ricevuto in regalo questo libro dalla mia Bianca Unnie (sì, proprio lei, la tipetta simpatica che vi rallegra spargendo gif su questo blog).
Me ne sono follemente innamorata dalla prima pagina: vite pesanti, personaggi con i quali la scrittura di Kim Juhea è capace di far empatizzare chi legge fino alle lacrime, momenti di felicità come pennellate in un quadro, come nuvole bianche in un cielo troppo terso, tutto nella cornice storica di una Corea che lotta per la sua libertà,che prima si spezza, poi si rialza, infine di divide e rinasce, dal 1919 a 1964.
“Come tigri nella neve” di Kim Juhea: storia di una camelia e del suo amore immutabile
Nella fredda Pyongyang del 1918, una bambina attraversa la porta di una scuola per cortigiane segnando la sua vita. Da fiore incompreso, con una sensibilità spiccata per la poesia, presso la scuola di Silver, che le ragazze dovranno lasciare presto a causa di una tragedia, Jade sboccerà presto sotto l’ala di Dani, una cortigiana di Seoul pronta ad istruire lei e le sue compagne, Lotus e Luna. Nel giardino di Dani, ognuna delle ragazze avrà un simbolo:
Jade venne abbinata alla camelia invernale, un albero da fiore tipico del Sud, che lei non aveva mai visto nel freddo Nord. Dani le assicurò che la camelia era un fiore molto fortunato per una donna. Il suo compagno era un grazioso uccellino dalle piume verde chiaro, che sorbiva solo il nettare e non visitava altri fiori. A fine stagione, poi, la camelia non diventava scura né appassiva perdendo un petalo alla volta, come altri fiori, ma cadeva intatta, rossa e vellutata come un cuore, ed era bellissima a terra quanto lo era il giorno in cui era sbocciata.
Dal capitolo 5 “L’amico di Shangai”
Nam Jung-ho è un orfano: unendosi ad una banda di ragazzini come lui, ne guadagnerà la fiducia e insieme attraverseranno la vita, dalla malavita alla militanza politica nel partito comunista alla guerra a favore dell’indipendenza della Corea. Dopo aver visto Jade ad una sfilata di cortigiane a Seoul, si innamorerà perdutamente di quella bambina piccola quanto lui ma così lontana, muovendo ogni passo per guadagnare la sua amicizia prima e il suo amore poi.
Allontanati e divisi dalla vita ripetutamente, entrambi i protagonisti affronteranno due vite dolce-amare: la sofferenza per la guerra contro i tiranni giapponesi, degli amori dolci ma impossibili, come quello che Jade prova per il giovane Kim Han-Chol, la solitudine di una vecchiaia che sembra aver fatto morire ogni ricordo di quella vita splendida che entrambi si lasciano alle spalle, Jade come affascinante cortigiana ed artista, Jung-ho come promessa del partito.
L’amore e la fiducia sono due fili conduttori potentissimi di questo libro. L’amore per un uomo o una donna. L’amore per la propria famiglia, per una padre di cui resta solo una vecchia leggenda, chiusa in un porta sigarette ed un anello da portare sul cuore. L’amore per un sogno, quello politico, quello dell’indipendenza per il proprio paese, che muove Myung-bo, direttore del partito comunista coreano-cinese, maestro di Jung-ho nel suo percorso, di uomo e di compagno, e rivale in amore di Sung-soo, per conquistare il cuore della splendida zia Dani. L’amore per la musica, infine, che fa sbocciare e poi consuma Lotus, amica più cara di Jade, sedotta da un uomo che prima la farà sentire una regina e poi la abbandonerà, costringendola a volare oltremare per trovare pace. L’amore per i figli, come Luna, che negli occhi della sua bambina riscoprirà il coraggio e cosa significa essere felici.
Il fascino di questo romanzo sta nei suoi intrecci, storici e genealogici, nella tenacia dei personaggi, piegati ma resilienti come le canne di bambù di cui parlava Pascal, capaci di rialzarsi solo insieme, nella dolcezza degli ultimi momenti e dei ricordi, della liberazione nella morte e nel viaggio, quello di Jung-ho per la Cina, quello di Luna e Lotus per l’America, quello di Jade per l’isola di Jejudo, dove incontrerà delle donne insieme a cui curare le proprie ferite.
“La vita si può sopportare solo perché il tempo ti fa dimenticare. Ma vale la pena di essere vissuta perché l’amore, invece, ti fa ricordare.”
Dall’epilogo “La donna del mare”
L’autrice, Kim Juhea
Kim Juhea è nata a Incheon, Corea del Sud, e si è poi trasferita a nove anni insieme alla famiglia a Portland, USA, dove vive tutt’ora. Laureatasi in Arte e Archeologia alla Princeton University, nel 2022 ha deciso di pubblicare il suo romanzo d’esordio, appunto “Come tigri nella neve”; il romanzo è stato definito “Un vero gioiello letterario; imperdibile; eccezionale; una storia in cui si muovo personaggi indissolubilmente legati dal destino” dalle maggiori testate giornalistiche americane.
Racconta di aver amato leggere e scrivere fin da piccolissima, e di come il trasferimento in America, e dunque il trovarsi di fronte ad una nuova lingua, con un nuovo alfabeto, da studiare, le abbiano fatto capire il potere e l’importanza delle parole.
Classe 2001, Namjoon stan fino al midollo, Irene ha scoperto il magico mondo della Corea del Sud nel 2021 e da allora ne è rimasta rapita. Ama la moda, i libri e la filosofia, non sta zitta un attimo, è cinica ma i k-drama romantici riescono a tirare fuori i suoi occhi a cuoricino. Se la cercate, probabilmente sarà nella sua stanza, intenta ad imparare, fallendo, l’ennesima coreografia K-Pop!
È iniziato il mese di settembre ed è ora di riprendere i nostri appuntamenti con #K-Book, la rubrica dedicata ai libri di letteratura coreana.
Prima della pausa, vi avevamo lasciato alcuni consigli su cosa leggere sotto l’ombrellone: anche noi, in spiaggia (ma non solo!) abbiamo portato alcuni titoli come “Lemon” di Kwon Yeo-sun, pubblicato in Italia pochi mesi fa da Il Saggiatore, nella traduzione di Benedetta Merlini. Ve ne parliamo in questo articolo.
“Lemon” di Kwon Yeo-sun: come le vite si misurano con il dolore
Kim Hae-on è di una bellezza tale da mettere in secondo piano ogni altra ragazza della classe e forse della scuola intera. Ha diciotto anni quando viene uccisa, e il suo corpo senza vita viene ritrovato in un parco da una coppia di passaggio. È il giorno dopo la finale dei mondiali di calcio disputati in Corea del Sud. Kim Hae-on ha il cranio sfondato e indossa soltanto un vestito di colore giallo: nessuno sa chi l’abbia uccisa, e le indagini della polizia non trovano nessun colpevole. I due sospetti, infatti, hanno entrambi un alibi. Così la vicenda cade nel dimenticatoio, ma lascia tracce indelebili nelle esistenze dei familiari di Hae-on e delle altre persone che la conoscevano.
L’immaginazione può essere dolorosa come la realtà. Anzi, anche di più, perché non c’é limite o fine alla fantasia.
Scopriamo tutto (o quasi) in un racconto a tre voci, che comincia molti anni dopo la morte della ragazza, con la ricostruzione dell’interrogatorio di Han Manu, uno dei sospettati: un ragazzo di umili origini, che dopo la scuola fa le consegne in una polleria, e che dice di aver visto Hae-on nell’auto di un altro ragazzo del liceo, Shin Jeong-jun. Figlio di un facoltoso commercialista, Jeong-jun è l’altro sospettato, dal momento che potrebbe essere l’ultimo ad aver visto la giovane Hae-on ancora viva. Potrebbe essere una storia in cui il più debole e povero paga per questo delitto e il più ricco riesce invece a sfuggire alla legge, ma in “Lemon” la vita si accanisce in modo diverso sui protagonisti. Entrambi gli alibi sono sufficienti a evitare l’accusa, così il caso resta irrisolto.
La sorella di Hae-on, però, non si dà pace: a distanza di tempo, continua a cercare la verità e comincia cercando Han Manu, che ha bollato come responsabile. È proprio Da-on, infatti, una delle voci narranti: una donna spezzata dal dolore della perdita, che non le ha soltanto tolto il sorriso e la spensieratezza di vivere, ma l’ha spinta a trasformarsi in una copia della sorella defunta, attraverso la chirurgia plastica.
I pensieri di Da-on si alternano a quelli di Shangui, una ragazza più grande conosciuta al club scolastico di poesia. Questa passione in comune, sviluppata con talento e modalità differenti da entrambe, le aveva portate ad avvicinarsi, durante il liceo. Quando si ritrovano, sono passati anni dalla sera che ha cambiato per sempre ogni prospettiva di Da-on verso il mondo. Ma anche Shangui ha vissuto una parte del trauma, e racconta di che atmosfera regnava nella scuola dopo l’accaduto.
Alle loro voci se ne aggiunge una terza, più misteriosa, che introduce nuovi dettagli sulla morte di Hae-on grazie ai quali è forse possibile comprendere meglio cosa sia davvero accaduto quella sera lontana.
In 8 capitoli, che hanno tutti un nome significativo e una data, la scrittura di Kwon Yeo-sun scorre veloce e affilata, rapida e incessante. Da una lato c’è la tentazione di leggere ancora e provare a capirne di più, dall’altro il bisogno di fermarsi e metabolizzare.
“Lemon” è un romanzo breve, di neanche 150 pagine, che sa prendersi il suo tempo e restare ben impresso nella memoria anche una volta terminato.
Il limone del titolo non torna solo nel giallo del vestito con cui viene trovata la vittima, ma anche nell’asprezza di certi passaggi, che riflettono quella della vita. Esistenze atterrite da un evento tragico, ma anche dai colpi di mano del destino, e collegate tra loro dal senso di smarrimento e, in qualche modo, dall’isolamento a cui si può andare incontro nella società.
L’autrice, Kwon Yeo-sun
Kwon Yeo-sun è nata ad Andong nel 1965. Ha vinto diversi premi letterari, tra cui il prestigioso Sangsang Literary Award. Nel 2019 ha pubblicato “Lemon”, primo romanzo tradotto in inglese e in italiano.
In spiaggia e in piscina, oltre alla crema solare, al telo e a un bel paio di occhiali scuri alla moda, non può mancare un buon romanzo. In queste roventi giornate estive, abbiamo pensato di consigliarvi 5 libri coreani da leggere sotto l’ombrellone, per scoprire autrici e autori come Han Kang e Gong Ji-young: eccoci al quarto appuntamento con #K-book!
“La guardia, il poeta e l’investigatore” di Lee Jung-myung
Autore: Lee Jung-myung
Titolo originale e anno di pubblicazione: 별을 스치는 바람, 2012
Edizione italiana: Traduzione di Benedetta Merlini, Sellerio 2016
Il romanzo di Lee Jung-Myung, uscito nel 2016, racconta una vicenda apparentemente semplice in cui ci sono una vittima e un omicida. La vittima è una guardia della prigione di Fukuoka, un luogo in cui i giapponesi vietano ai detenuti di parlare la loro lingua, un segno tangibile del pugno duro con cui governano la Corea occupata. L’omicida non ha ancora un nome: è un’altra guardia a condurre l’indagine, un giovane molto diverso da Sugiyama Dozan, l’uomo assassinato, famoso per la sua brutalità. L’investigatore è costretto ad agire contro la sua natura, per assolvere gli obblighi imposti dal sistema e dal ruolo che ricopre al suo interno.
Più passano i giorni, più Watanabe Yuichi scopre che forse Sugiyama non era affatto la persona che tutti avevano conosciuto: era sensibile, con una inaspettata passione per la poesia, nata proprio durante il lavoro alla prigione. Il suo ruolo, infatti, era anche controllare la corrispondenza inviata e ricevuta dai detenuti. Con uno di loro, in particolare, Sugiyama aveva stretto un legame forte, tanto da conservare in tasca un pezzo di carta con alcuni dei suoi versi appuntati: si tratta di Yun Dong-ju, poeta sudcoreano realmente esistito, morto proprio durante la detenzione a Fukuoka, nel 1945.
“Come una sorella” di Gong Ji-young
Autrice: Gong Ji-young
Titolo originale e anno di pubblicazione: 봉순이 언니, 1998
Edizione italiana: Traduzione di Ombretta Marchetti, Baldini Castoldi Dalai, 2007
Dieci anni dopo la fine della guerra civile, la Corea del Sud è nel pieno del boom economico. Ma gli anni Sessanta, per il Paese, sono anche ricchi di tensioni sociali e disparità tra ricchi e poveri. Mentre una parte della popolazione riesce ad approfittare di quei profondi cambiamenti, un’altra non sa come tirare avanti. È questa la distanza che separa le due protagoniste del romanzo di Gong Ji-young, Jiang e Bongsoon, due bambine che crescono sotto lo stesso tetto ma non condividono le origini. I genitori di Jiang stanno facendo fortuna, e accolgono la piccola Bongsoon che invece è stata abbandonata da una famiglia troppo povera per occuparsi di una neonata. Le due bambine vivono come sorelle, ma a Bongsoon tocca ben presto occuparsi delle faccende domestiche: la sua storia prenderà una piega totalmente diversa da quella di Jiang, e la porterà a cercare la sua identità e il suo ruolo lontano da quella famiglia e dalla persona con cui ha condiviso l’infanzia.
“La vegetariana” di Han Kang
Autrice: Han Kang
Titolo originale e anno di pubblicazione: 채식주의자 (Chaesikjuuija), 2007
Edizione italiana: Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, Adelphi 2016
Yeong-hye è scossa da sogni disturbanti, in cui vengono macellati degli animali. Così smette non solo di mangiare carne, ma anche di cucinarla per la sua famiglia. A raccontare cosa accade è dapprima suo marito, il signor Cheong, che lo fa in prima persona, poi le voci del cognato e della sorella, in terza persona. Questi tre punti di vista provano a ricomporre la storia di una donna che scivola in una privazione del cibo sempre più drastica e radicale, in una spirale di eventi che non riguarda soltanto la protagonista, ma che travolge anche tutti quelli che la circondano.
“Kim Ji-young, nata nel 1982” di Cho Nam-joo
Autrice: Cho Nam-joo
Titolo originale e anno di pubblicazione: 82 년생 김지영, 2016
Edizione italiana: Traduzione di Filippo Bernardini, La nave di Teseo, 2021
Diventato un best seller in pochi mesi, il romanzo di Cho Nam-joo non ha soltanto conquistato i lettori di tutto il mondo, ma è diventato anche un simbolo della lotta per l’emancipazione. Nel 2018, infatti, è entrato a far parte della campagna femminista in Corea del Sud e dei movimenti “Escape the Corset” e #MeToo. La vicenda, infatti, racconta le difficoltà, i pregiudizi e la sofferenza di una donna, Kim Ji-young, che dopo la nascita della figlia inizia pian piano a cambiare personalità. Negli incontri con lo psichiatra, ripercorrerà l’infanzia e l’adolescenza, ma anche l’età adulta, con tutte le rinunce e le privazioni che ha dovuto subire perché, in quanto donna, il suo desiderio e il suo bisogno non erano mai al primo posto.
PS: sapevate che questo libro è anche tra quelli consigliati da Namjoon dei BTS?
“Come l’acqua sul fiore di loto” di Hwang Sok-yong
Autore: Hwang Sok-yong
Titolo originale e anno di pubblicazione: 심청, 연꽃의 길 (Simcheong, yeonkkochui gil), 2007
Edizione italiana: Traduzione di Monica Capuani, Einaudi, 2013
Shim Chong viene venduta a un mercante cinese a soli quindici anni. Mentre si dirige verso questo Paese sconosciuto, il suo nome diventa Lianhua, Fiore di Loto: sarà una concubina, viaggerà per mare e visiterà altri luoghi dell’Asia, si sposerà e resterà vedova. Un’esistenza avventurosa, che si snoda durante un periodo in cui la Cina è a cavallo tra la modernizzazione e il colonialismo, aperta ai rapporti con i paesi occidentali, ma ancora legata a tradizioni che sono destinate, ben presto, a scomparire.
Oggi vi porteremo in una corte coreana di fine Ottocento e poi a Parigi, negli stessi anni in cui veniva costruita la Torre Eiffel. Il romanzo di cui vogliamo parlarvi, infatti, è ambientato tra questi due luoghi così distanti e diversi: per la rubrica #K-Book, ecco “La danzatrice di Seul” di Shin Kyung-Sook (titolo originale: Rijin, 리진).
La danzatrice di Seul: la trama del romanzo di Shin Kyung-Sook
Cosa unisce i destini di due persone? Un solo istante, in cui avviene un incontro casuale, come quello tra Victor e Jin. Lui è un diplomatico francese che sta per essere ricevuto dal re di Corea, lei è una danzatrice e alla corte ci vive fin da quando era bambina. Non ha neppure un vero nome e cognome, perché ha perso entrambi i genitori, e tutti la chiamano damigella Suh. Basta uno sguardo fugace, e Victor si innamora di quegli occhi neri. La saluta in francese, senza pensarci: quando la ragazza risponde nella stessa lingua, con grande naturalezza, l’uomo stenta a crederci. Riesce a scattarle una foto di nascosto, e vive ogni giorno pensando a lei, finché la rivede durante un banchetto: Jin esegue una danza meravigliosa, che lascia tutti i presenti senza parole, sulle note del daegeum, il flauto di bambù coreano.
Con la follia e il coraggio che spesso caratterizzano gli innamorati, Victor arriva in breve tempo a dichiararsi, chiedendo al re il permesso di sposare la damigella Soh. Un fatto più unico che raro, dal momento che le danzatrici di corte non possono lasciare il palazzo e neppure sposarsi. Appartengono già a un uomo, il sovrano di Corea. Eppure questa volta le cose vanno in modo diverso: la damigella Soh riceve un cognome e un nome, Yi Jin,e a soli ventidue anni lascia la Corea insieme a Victor, nel 1891. Dopo una lunga traversata, i due raggiungono la Francia e si stabiliscono a Parigi, una città che per Jin è tutta da esplorare.
Lontana da ciò che le è familiare, dagli affetti, dalle abitudini che da sempre hanno scandito la sua vita, è la prima donna coreana che mette piede in Europa. Da quel momento vivrà un’esistenza ricca di appuntamenti mondani, in cui mostrerà la sua arguzia e un’intelligenza acuta, che possiede fin da bambina. L’amore per la letteratura e per quella lingua che già conosce molto bene, grazie agli insegnamenti di padre Blanc e al suo prezioso dizionario francese-coreano, che ha portato con sé, e la presenza di Victor, l’uomo che ha rischiato la sua stessa vita per averla accanto, saranno abbastanza per farla sentire a casa?
Jin dovrà fare i conti con una cultura diversa, per la quale, forse, le sue doti più grandi sono la bellezza e la bravura nella danza: una società in cui, a dispetto del grido rivoluzionario che ancora aleggia per le strade – Liberté, egalité, fraternité – gli uomini e le donne non sono affatto uguali.
Due mondi che si sfiorano
Ambientato tra la Corea e la Francia sul finire dell’Ottocento, La danzatrice di Seul è molto più della storia di due persone. È il racconto di come due mondi totalmente diversi sono entrati in contatto tra loro, delle incomprensioni, delle enormi differenze e delle assonanze, che ogni tanto è possibile individuare qua e là. Cosa vede, Victor, quando il suo sguardo si posa sulle abitudini coreane, sulla rigida etichetta di corte che, erroneamente, credeva simile a quella cinese, alla quale era abituato, e su tutta la realtà che lo circonda, sulla stessa Jin? Cosa comprende e cosa pensa di aver interpretato, cosa invece gli sfugge?
Straniero in una Corea dove francesi, russi, cinesi e giapponesi sono mossi da interessi economici e politici, il suo occhio è quello di un osservatore curioso, di un giovane che ha già visto altri luoghi dell’Asia: il suo cuore e la sua fedeltà appartengono alla madrepatria.
All’apparenza, l’atteggiamento di Victor sembra aperto e spesso di sincera ammirazione per quel Paese quasi sconosciuto. Ma pian piano emergono altri dettagli, che incasellano l’uomo in un posto più scomodo e proiettano sulla sua figura le ombre dell’imperialismo e di una concezione totalmente eurocentrica del mondo. Così la Corea, come prima la Cina, dove aveva lavorato per anni, diventano due luoghi esotici e misteriosi, dai quali Victor porta via pezzi d’arte e libri antichi dall’inestimabile valore, con quel gusto tipico del collezionista che batte il territorio alla ricerca della rarità.
Sarà la vita parigina a portare queste riflessioni, non solo nel lettore, ma anche in Jin che, pur estasiata dai capolavori del Louvre, domanderà a Victor il perché di ogni statua e ogni manufatto egizio o greco. La risposta dell’uomo servirà a spiegare anche il suo approccio alle questioni di politica internazionale: in Francia, a suo parere, quelle statue sono al sicuro, custodite meglio rispetto a quanto accadrebbe nel luogo da cui arrivano. Ci sono luoghi su cui vale la pena mettere le mani, soltanto per ribadire e consolidare il proprio potere, e spesso soltanto finché ci sono interessi in ballo.
Un francese e una coreana, prima che un uomo e una donna
Pur avendo vissuto sulla sua pelle cosa voglia dire essere uno straniero, Victor non comprende fino in fondo i sentimenti di Jin. È lui stesso ad affermare, per esempio, che durante la permanenza in Corea non era così infastidito dal fatto che tutti lo guardassero.
Jin, invece, si sente come le opere del Louvre: trapiantata in un luogo che le piace ma non le appartiene, e soprattutto, che la accetta solo perché veste abiti in stile parigino e parla correntemente la lingua.
L’unico altro coreano che vive a Parigi, Hong, una vecchia conoscenza di Jin e Victor, le rimprovera proprio questo, di aver dimenticato il suo Paese, cosa che invece lui non ha fatto. In ogni occasione, infatti, continua a indossare il tradizionale abito coreano.
Jin, che per lungo tempo non aveva avuto neppure un cognome, cercherà se stessa con affanno, tra i vicoli di Parigi e in seguito avrà modo di riflettere su come alcune idee avessero pesato anche sul suo sguardo, che vedeva in Victor un francese e in lei una coreana, prima di vedere un uomo e una donna.
Shin Kyung-Sook è un’autrice contemporanea di cui vi avevamo già parlato il mese scorso. Tra i 4 libri per scoprire la letteratura coreana, infatti, c’era anche il suo “Prenditi cura di lei”, per il quale Shin ha vinto nel 2012 il Man Asian Literary Prize, un riconoscimento che non era mai andato a una scrittrice, e che neppure la Corea del Sud aveva mai ricevuto.
La storia di Jin è ispirata a un personaggio realmente esistito, di cui Shin ha trovato traccia in un libro sulla dinastia Joseon: un testo lungo appena una pagina e mezza, in cui si parlava di un diplomatico francese che si era innamorato di una danzatrice di corte coreana. Shin non ha trovato altri riferimenti alla vicenda in nessuno degli archivi e dei libri consultati, ma ha deciso di mettere la sua penna al servizio di quella donna vissuta alla fine dell’Ottocento, e di usare la fantasia per riempire i vuoti.
“La danzatrice di Seul”, infatti, non è un romanzo storico. A dirlo è la stessa autrice, nella bellissima postilla che chiude il libro. È un romanzo che racconta una storia, quella di Jin, ambientata in un preciso momento temporale ricostruito in modo fedele, ma lasciando spazio ai personaggi. Le scelte narrative, infatti, sono fatte sulla base della direzione che le loro vite di ognuno di loro possono e vogliono prendere: la priorità della scrittrice è anche assegnare a tutti quanti delle caratteristiche profondamente umane, che a volte, almeno sulla carta, potrebbero non incastrarsi alla perfezione con il ruolo che ricoprono.
È il caso della regina Min, una donna di cui l’autrice sottolinea paure e gelosie, sentimenti forse meno nobili di quelli che si addicono a una sovrana, ma più autentici. Un personaggio a cui è affidata una riflessione che riprende un tema sempre presente nel libro:
Mi pare di capire che nascere donna è una tragedia laggiù in Francia come lo è qui da noi.
Caratterizzato da una scrittura leggera e delicata come i passi di Jin, “La danzatrice di Seul” è un romanzo in cui non mancano la durezza, la violenza, lo scontro.
A noi è piaciuto molto: e voi? L’avete letto? Fateci sapere cosa ne pensate! Al prossimo appuntamento!
Ed eccoci al secondo appuntamento con #K-book, la nostra rubrica dedicata agli autori coreani, in cui vi consigliamo alcune letture per portarvi alla scoperta di un panorama letterario che sta destando sempre più interesse. Dopo avervi parlato di “Pachinko – La moglie coreana”, il romanzo di Lee Min Jin che ha ispirato l’omonima serie in onda su Apple tv+ (a proposito, quanti di voi la stanno guardando?), oggi vi presentiamo quattro titoli che appartengono a generi ma soprattutto epoche storiche differenti. Dai racconti scritti tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, alle fiabe tradizionali, dagli anni Sessanta fino ad arrivare alla Corea dei giorni nostri.
“I racconti di Ou” di Yu Mongin
Credits to Carocci Editore
Autore: Yu Mongin (유몽인)
Titolo originale e anno di pubblicazione: “Eou yadam”, (어우야담), XVII sec.
Edizione italiana: Traduzione di Antonietta L. Bruno, Carocci Editore, 2019
Yu Mongin è vissuto tra la seconda metà del 1500 e i primi decenni del secolo successivo. Noto anche come Ou, è a lui che si deve la tradizione del genere yadam, di cui fanno parte racconti su personaggi che affrontano determinati eventi storici.
Sull’anno della pubblicazione non si hanno notizie certe. Il tema della raccolta, pubblicata come “I racconti di Ou” e tradotta da una versione uscita nel 1964, comprende le vicende legate ai conflitti sia sociali che politici avvenuti tra la fine del primo e l’inizio del secondo periodo Joseon, epoca in cui visse l’autore. Quest’opera è diventata un vero e proprio classico della letteratura coreana; una delle storie incluse nel volume ha ispirato il drama fantasy “The legend of the Blue Sea”, in cui una sirena si ritrova nella moderna Seoul.
Le fiabe rappresentano una parte fondamentale della cultura di ogni Paese. Anche la Corea vanta una lunga tradizione di questi racconti legati al folklore: storie in cui si intrecciano la visione della famiglia, il legame con la natura e gli animali, la rigida struttura della società, l’aspetto spirituale legato ai culti sciamanistici. Questo volume, scritto da un grande orientalista, Maurizio Riotto, che insegna Storia della Corea e Culture Comparate alla Anyang University, raccoglie molte fiabe mai che finora non erano ancora state tradotte in italiano: è un testo di grande interesse sia per chi vuole avvicinarsi alla cultura e alla letteratura coreane, sia per chi invece conosce già molti autori classici e contemporanei. È un libro unico, che aiuta a conoscere e comprendere il substrato su cui si è sviluppata, nel corso dei secoli, la tradizione letteraria della Corea del Sud.
“L’infinito mare dei vent’anni” di Hwang Seok-yeong
Credits to O barra O edizioni
Autore: Hwang Seok-yeong (황석영)
Titolo originale e anno di pubblicazione: “Gaebapbaragibyeol” (개밥바라기별), 2008
Edizione italiana: traduzione di Andrea De Benedittis, O barra O edizioni, 2021
“L’infinito mare dei vent’anni” procede per giustapposizioni di ricordi, attraverso una serie di flashback che riguardano sia la vita di Chun che dei suoi amici. Siamo in Corea del Sud durante gli anni Sessanta, e al protagonista di questo romanzo spettano due giorni di congedo prima di partire per il Vietnam. Chun sa che potrebbe perdere la vita durante il conflitto, sa che le vere ragioni per cui combatterà sono molto diverse da quelle propagandate dagli americani, si interroga sulla vita e su se stesso, alla ricerca di un senso. Un romanzo di formazione in cui ogni racconto e ogni riflessione sono di grande realismo, e in cui le voci dei diversi personaggi costruiscono un’unica trama che lascia emergere le contraddizioni della società sudcoreana dell’epoca.
Il libro è ispirato alla storia personale dell’autore, che ha combattuto in Vietnam nel corpo di spedizione a supporto delle truppe americane.
“Prenditi cura di lei” di Shin Kyung-sook
Credits to Neri Pozza
Autore: Shin Kyung-sook (신경숙)
Titolo originale e anno di pubblicazione: “Eommareul Butakhae” (엄마를 부탁해), 2008
Edizione italiana: traduzione dall’inglese di Vincenzo Mingiardi, Neri Pozza, 2011
“Prenditi cura di lei” è un romanzo che parla della famiglia, soprattutto del rapporto tra madre e figlia, attraverso una vicenda in cui veniamo immersi fin dal primo istante di lettura. Il libro, infatti, inizia quando l’evento cruciale della narrazione è già accaduto: Park So-nyo, una donna di quasi settant’anni, è scomparsa in mezzo alla folla dell’ora di punta in una stazione della metropolitana. Suo marito, che l’ha accompagnata a Seoul per fare visita ai due figli, all’improvviso non l’ha più vista accanto a sé e non ha modo di rintracciarla. Mentre nessuno di loro sa cosa fare per ritrovare So-nyo, tutti quanti iniziano a ripercorrere la vita familiare e il rapporto con lei. I due figli, nelle prime parti del romanzo, poi il marito, per lasciare spazio, nel finale, proprio alla voce della donna.
Un libro toccante e affatto banale, che esplora le sfaccettature del ruolo ricoperto dalla donna e del suo spirito di sacrificio, ma analizza anche i rapporti tra genitori e figli, tra moglie e marito, alla ricerca delle verità nascoste, di tutto ciò che non sappiamo delle persone, neppure quando abbiamo condiviso con loro tutta la vita.
Speriamo che i nostri consigli di lettura vi siano piaciuti. Fateci sapere se avete letto qualcuno di questi libri e quali sono i vostri preferiti. Al prossimo appuntamento con #K-book!
Benvenuti al primo appuntamento di #K-book, una rubrica originale di Mondocoreano, incentrata interamente su libri di autori coreani consigliati dalla redazione!
Giusto qualche giorno fa è uscito ufficialmente “Pachinko”, K-drama che vede il ritorno sugli schermi di Lee Min Ho, e potevamo non cogliere l’occasione per parlarvi dell’omonimo libro dal quale è tratto?
Certo che no! Ovviamente vorremmo parlarvi di questo libro senza fare troppi spoiler, lasciandovi il piacere della lettura: partiamo allora da alcune considerazioni sui personaggi e le loro vicende.
“La Storia ci ha traditi, ma non importa”
Il libro si apre con questa frase: “La Storia ci ha traditi, ma non importa.” e, in effetti, fin da subito, è chiaro chei protagonisti di Lee Min Jin sono persone semplici, che possiedono poco o niente e che spesso non sanno neppure leggere: insomma, persone su cui la Storia con la “s” maiuscola sembra accanirsi, per trasformarle in vittime. Ma vittime non sono e, a dirlo, è la stessa autrice in un’intervista per la PBS: sono persone che hanno coraggio, che si danno da fare, che si ingegnano per cavarsela e per dare ai figli la possibilità di riscattarsi, di farcela. E se nessuno ha raccontato di loro è perché hanno lasciato poche tracce sui sentieri che battuti dagli storici.
Tutto questo accade nelle pagine iniziali di “La moglie coreana”, titolo con cui è stato pubblicato in Italia “Pachinko” di Lee Min Jin (traduzione di Federica Merani, edizioni Piemme): un romanzo storico che si snoda lungo quasi ottant’anni e che racconta ben quattro generazioni, dai genitori di Sunja fino ai suoi nipoti.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza…
Sunja, la protagonista del romanzo, viene alla luce quando sua madre, Yangjin, ha già perso tre figli e cresce in una famiglia umile che possiede una locanda a Yeongdo, un isolotto non distante dalla città di Pusan, nella Corea del primo Novecento governata dai giapponesi.
Il padre di Sunja, Hoonie, ha il labbro leporino e un piede storto, ma è un uomo buono e generoso, benvoluto da tutti, devoto sia alla moglie che alla figlia ma questi, purtroppo, non avrà vita lunga perché morirà a causa della tubercolosi, lasciando Sunja e Yangjin a occuparsi dei pensionanti, con l’aiuto delle altre dipendenti; nella locanda, le giornate di Sunja sono tutte uguali, ore e ore in cui pulisce i pavimenti, lava piatti e vestiti, cucina e serve i pasti.
Poi qualcosa, o meglio, qualcuno, cambia per sempre il corso della sua esistenza: si innamora e si concede senza pensare alle conseguenze, senza sapere che Koh Hansu ha già una moglie e delle figlie in Giappone, a Osaka. Incinta di un uomo che non può sposarla,Sunja sembra avere il destino ormai segnato, ma un altro evento rimescola le carte. Cioè?
Una volta sposatasi con un giovane pastore, che accetta di fare da padre al bambino, sale su un battello che la porterà proprio a Osaka.
La diaspora coreana e la difficile relazione con i giapponesi
Quando arriva a Osaka, Sunja va a vivere con suo marito a casa del cognato e della moglie, che abitano a Ikaino, il ghetto coreano: un dedalo di stradine sporche e case tirate su alla bell’e meglio, in cui spesso persone e animali condividono pochi metri quadri.
La giovane donna deve confrontarsi con i pregiudizi che la società giapponese nutre verso i coreani e che, a volte, sono alimentati anche dagli stessi suo connazionali: è il cognato, infatti, che le raccomanda di non fidarsi dei vicini, di non prestare loro del denaro né offrire loro del cibo, ricordandole che la maggior parte degli abitanti di Ikaino vive di espedienti e non si fa scrupolo a rubare o a commettere altre illegalità.
In tutti i contesti, per i coreani, la vita è difficile. A scuola e sul lavoro le opportunità non sono le stesse, come sperimenteranno i figli di Sunja, e anche la fatica non sempre porta al riscatto sociale: al tempo stesso, però, un ritorno in Corea è quasi impossibile, a causa della povertà, prima, e poi della situazione politica successiva alla Seconda guerra mondiale.
Se per la maggior parte dei coreani, però, la loro condizione è motivo di astio verso la nazione che li governa, per alcuni il cruccio è invece non essere giapponese, dunque da un lato c’è la consapevolezza che non tutti i giapponesi si comportano male con gli immigrati, ma soprattutto è legittimo chiedersi come debba considerarsi chi appartiene alla seconda o terza generazione: poiché il romanzo copre un arco temporale molto ampio, c’è modo anche di parlare dei coreani nati in altri paesi (la stessa autrice è cresciuta negli Stati Uniti), che fanno ritorno in Asia.
In questo contesto vale la pena ricordare una riflessione fatta, sul finale, da uno dei protagonisti:
“L’identità di una persona non dipende solo dal sangue.”
Il pachinko e le sale da gioco
Dal momento che molti lavori sono preclusi agli immigrati, molti coreani entrano in contatto con la yakuza o si dedicano ad attività ritenute losche, pericolose, non da gente perbene.
Una di queste è la gestione delle sale di pachinko ed ecco che entra in ballo anche ciò che dà il titolo originale al libro. Cos’è il pachinko?
Il pachinko è un gioco d’azzardo giapponese che si pratica con una macchina simile al flipper e che si è diffuso subito dopo la guerra, nella seconda metà del Novecento: fa il suo ingresso nella seconda metà del libro e diventa man mano sempre più presente, perché diversi personaggi sono coinvolti nella gestione delle sale.
Un business che può assicurare ricchezza e donne a chi è disposto a rischiare tutto e che rappresenta un po’ la metafora della vita: in fondo, proprio come nel gioco d’azzardo, si può vincere o perdere qualunque cosa in un istante.
L’autrice di “Pachinko”: Lee Min Jin
La scrittrice Lee Min Jin (이민진) è nata a Seoul nel 1958, ma si è trasferita negli Stati Uniti nel 1976, insieme alla sua famiglia. Ha studiato storia alla Yale University e legge alla Georgetown University, e ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti nel 2004, “Axis of happines”, per la quale ha ricevuto il premio del Narrative Magazine. Nel 2007 debutta come romanziera con “Free food for millionaires” (“Amori e pregiudizio”, nella traduzione italiana del 2008), che racconta la comunità coreana di New York attraverso le vicende delle due protagoniste. Sebbene il romanzo sia diventato subito un best seller, abbia ricevuto un’accoglienza calorosa e numerosi riconoscimenti, è con “Pachinko”, del 2017, che Lee Min Jin si fa conoscere al grande pubblico dei lettori internazionali. Alcune vicende e idee di questo libro erano già state scritte da Lee Min Jin in un racconto breve uscito nel 2002, intitolato “Motherland”.
Dal romanzo alla serie tv: “Pachinko” arriva su Apple tv+
Genere: Drama
Anno: 2022
Stagioni: 1
Episodi: 8
Cast principale: Lee Min-ho, Jin Ha, Anna Sawai, Minha Kim, Soji Arai, Kaho Minami
Il 25 marzo è andato in onda su Apple tv+ il primo episodio di “Pachinko”, tratta dal romanzo di Lee Min Jin, una produzione con un budget che in pochi potevano permettersi: rispetto al libro, in cui le vicende sono narrate secondo un andamento lineare, ha una narrazione in cui le diverse storie di intrecciano e le linee temporali si sovrappongono. Ma la vera particolarità (e una delle sfide per tutti quelli che vi hanno lavorato) è che è recitato in tre lingue: coreano, giapponese e inglese.
Per concludere, a noi sono piaciuti sia il romanzo che i primi episodi della serie e, nonostante sia un libro di oltre 500 pagine, la voglia di scoprire cosa succederà le fa scorrere molto veloci. Voi lo avete letto? Cosa ne pensate?