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Meeting the artist: JUNNY

Altro giro, altra scoperta! Oggi ci addentriamo nel mondo del soul e dell’R&B. Chi è il fortunato di oggi?

JUNNY! Non lo conoscete?

Beh, peggio per voi! Vi conviene sbrigarvi perché presto farà un concerto in Italia e non è proprio il caso di perderselo: quindi, se non siete ancora aggiornati su questo fantastico artista, vi conviene continuare a leggere!

Kim Hyung-jun (김형준), in arte JUNNY (주니), è un artista coreano e cresciuto in Canada che ha debuttato nel 2017 con un EP auto-prodotto, Monochrome.

Da sempre appassionato di musica, sin da giovanissimo ha iniziato ad addentrarsi in questo mondo, dapprima imparando a suonare la chitarra e lasciandosi condurre nell’universo musicale dai suoi fratelli più grandi: lui stesso ha raccontato che il suo sogno di diventare un cantante si è manifestato molto presto, tant’è che ha iniziato a scrivere le sue prime canzoni a 14/15 anni!

Maturando, ha iniziato a comprendere quanto il richiamo della musica fosse più forte di qualunque altra cosa ed è proprio per questo che, nel 2018, ha deciso di ritornare in Corea per iniziare la sua carriera artistica e perseguire il suo sogno. La Corea ha, da sempre, avuto un enorme ruolo nella sua vita, artistica e no, considerando che ha sempre ascoltato tantissimi artisti coreani grazie ai fratelli maggiori.

JUNNY non è soltanto un cantante ma anche cantautore e producer ed ha avuto la possibilità di co/produrre brani molto famosi per artisti di calibro internazionale, come KAI degli EXO, Luhan (ex EXO), NCT Dream e IU: dovete sapere che Junny e la sua famiglia sono super fan di quest’ultima, quindi immaginate la loro gioia nel sapere che lui avrebbe avuto l’opportunità di produrre una delle sue canzoni!

Le sue canzoni hanno delle vibes romantiche, un po’ chill e, in qualche modo, nostalgiche: lui stesso ha raccontato ad Arirang Radio nel 2020 che, solitamente, non ha una personalità frizzante e questo si rivede totalmente nelle sue canzoni!

Junny è rappresentato dalla MAUVE Company e nel 2020 è entrato a far parte del gruppo soul/R&B OFFSHORE, composto da iHwak, HNMR, ROYAL DIVE, JOMALXNE, MIRROR BOY, ROSEINPEACE e JayB dei GOT7!

Non vi abbiamo ancora convint*? Provate ad ascoltare queste canzoni e poi fateci sapere!

Nel frattempo, se non avete bisogno di questa ulteriore conferma, sarete ben content* di sapere che JUNNY ha annunciato un tour europeo per questo 2023, che farà tappa (FINALMENTE!!!!) anche in Italia!

Se siete interessat*, cliccate il pulsante qui sotto per acquistare i biglietti del tour!

Quindi, che ne pensate? Vi vedremo a Milano il 31 Marzo, vero?

Ma, aspettate! Credete sia tutto qui? Davvero non avete ancora capito che noi di Mondo Coreano abbiamo un’infinità di sorprese per voi? Beh, aspettate ancora un po’ perché c’è ancora qualcos’altro da svelare su JUNNY!

Rimanete sintonizzati, a presto!

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K-Food K-Interview Korea

#K-Interview: Cave Monaja

Amanti del cibo, del vino e della Corea del Sud, bentornati ad una nuova intervista!

Nelle ultime occasioni vi abbiamo portato alla scoperta di artisti italiani che cercano, un po’ come noi, di costruire quel famoso ponte che collega l’Italia e la Corea del sud: anche questa volta, K-Interview cercherà di farvi scoprire un’altra eccellenza, questa volta Made in Italy, che però ha un legame molto stretto con la Corea. Di chi parliamo?

Ci riferiamo ad Chul Kyu (Andrea) Peloso, enologo, valdostano d’adozione ma coreano d’origini, fondatore delle Cave MONAJA.

Dopo gli studi, Chul Kyu passa molti anni a lavorare presso cantine particolarmente rinomate nelle Langhe, fin quando, nel 2015, viene contattato da un’amica affinché potesse prendersi cura del vigneto di famiglia, destinato altrimenti ad un infausto (e triste) destino: l’abbandono.

Spinto da questa proposta, Chuyl Kyu non si lascia intimorire e decide di dare seguito ad uno dei suoi sogni, recuperare e valorizzare una vite monumentale nel villaggio di Farys, una frazione del comune di Saint-Denis, in stato di quasi totale abbandono insieme a quelle piccole vigne familiari del territorio, troppo difficili e antieconomiche (per le grandi aziende) da gestire.

Da quel primo passo ci vorranno un paio d’anni perché questo sogno si trasformi veramente in realtà e sarà soltanto nel 2018 che Cave MONAJA (in onore del nonno materno, Carlo Alessandro Monaja, Cavaliere della Repubblica) diventerà il “pane quotidiano” di Chul Kyu.

Oltre al formidabile lavoro di riqualificazione del territorio e di riscoperta delle tradizioni valdostane, Cave MONAJA è famosa anche per l’avviamento di un percorso di certificazione come prima azienda valdostana a volersi certificare con i criteri del Ministero della Transizione Ecologica (MITE) in termini di sostenibilità ambientale.

Mi piace pensare che questa scelta di mantenere vivo il territorio, valorizzando un prodotto che fa parte del tessuto sociale, sia il mio piccolo contributo per rendere migliore il nostro domani.

Chul Kyu (Andrea) Peloso

Quella di Chul Kyu è una eccellenza tutta italiana, eppure il legame con la Corea del Sud è ancora visibile, ad esempio proprio nel logo della cantina troviamo l’ideogramma che rappresenta l’iniziale di Chul Kyu.

Qualche piccola informazione prima di procedere con l’intervista!

Tutti i piccoli appezzamenti gestiti dall’azienda si trovano nell’area centrale della Valle d’Aosta e, nel caso foste dei fan valdostani o foste interessati a scoprire ancor più da vicino questa realtà, la cantina si trova in località Amérique, 8, 11020 Quart (AO)!

Se, invece, foste interessati ad acquistare o a vedere i loro prodotti, potete andare direttamente nel loro sito web!

And now, ga ja!

Da dove è nata la sua passione per il vino?

Al momento di dover scegliere un indirizzo scolastico ancora non avevo consapevolezza, ma indirizzando gli studi inizialmente verso il settore agrario il mondo del vino è poi risultata scelta di cuore.

Perché la scelta di rimanere in Valle D’Aosta?

Nato a Seul, sono stato adottato da una famiglia della Valle d’Aosta arrivando in Italia quando avevo 13 mesi… La scelta di rimanere è scaturita dalla volontà di portare le competenze acquisite nelle langhe in quei luoghi  che amo definire “casa“.

Probabilmente è tra i primi a prendere una scelta seria in merito alla transizione ecologica, cosa vuol dire oggi essere ecosostenibili nel mondo dell’agricoltura?

Il discorso sostenibilità è un argomento molto ampio che non si limita a scelte aziendali, ma ritengo debba essere intesa come linea di condotta.

Spesso presentando i principi che stanno dietro alle scelte mi piace parlarne come quei criteri di buonsenso di un padre di famiglia dove il valore non è più un criterio fisso ma da interpretare come la nostra opportunità di dare un valore positivo all’impronta del nostro passaggio.

Perché è importante che sempre più aziende si approccino a metodi di coltivazione e produzione più sostenibili e puliti?

E’ importante iniziare a comprendere che ogni tipo di risorsa è comunque un bene limitato ed è quindi necessario imparare ad operare in questo sistema moderno e consumistico con un saldo positivo.

Cosa vuol dire, per lei, tradizione? Perché ha scelto di ripercorrere questo percorso?

Come azienda operante nel XXI secolo, non si può ignorare il percorso fatto per arrivare ad oggi e per me questo può esser raggruppato nel concetto della tradizione, ma nel contempo mi piace coniugare i valori, le metodologie e tutto quanto ci è stato lasciato dalle generazioni passate alle consapevolezze e alle conoscenze di oggi… Possiamo dire semplicemente che cerco di trovare quel giusto equilibrio tra tradizione e consapevolezze moderne.

In un’intervista ha affermato di avere “solo la consapevolezza di essere coreano”, essendo stato adottato da molto piccolo da una coppia di genitori valdostani. Ha mai sentito la curiosità di scoprire di più sulla tradizione coreana, magari crescendo? Ma soprattutto, secondo lei, esiste, da qualche parte, un punto d’incontro tra la cultura italiana e quella coreana o sono due realtà completamente differenti?

Ho avuto la fortuna di crescere in un contesto famigliare che non mi ha fatto sentire la necessità di colmare dei vuoti.

La curiosità di scoprire qualcosa di più sul paese e la cultura da cui provengo per nascita è arrivata in epoche recenti per la crescita e la diffusione sempre maggiore del “prodotto” Corea, ma soprattutto perché sono entrato in contatto con comunità coreane in Italia: da qui si è creata un’associazione di coreani adottati in Italia che, grazie al supporto di enti coreani, periodicamente organizza eventi e momenti d’incontro per avvicinarsi e comprendere meglio il nostro paese di origine.

A mio giudizio la cultura coreana e quella italiana sono diverse ma non così lontane.

Certamente la storia ha segnato in modo molto diverso le due società, ma oggi gli strumenti quotidiani e questo mondo internazionalizzato hanno creato una sorta di ponte tra le culture che le rende sempre più vicine, soprattutto guardando le nuove generazioni.

Semmai fosse possibile, sarebbe in grado di scegliere il suo preferito tra tutti i vini che produce?

Come in una famiglia è difficile scegliere un figlio rispetto ad altri, anche per me non è semplice in quanto ogni vino è frutto di scelte e criteri specifici… Motivo per cui non ritengo di avere vini base.

Un rosso frutto delle vecchie vigne di 60-80 anni con uve da vitigni autoctoni che fa 18 mesi di invecchiamento in tonneaux + 12 mesi di affinamento in bottiglia… potremmo dire vino del terroir: quest’ultimo è il prodotto che più rappresenta l’azienda e il suo concetto di recupero del territorio attraverso le vigne.

(N.d.R.: cosa vuol dire “vino del terrorir”? Citando il sito www.agrodolce.it, “Letteralmente la parola francese terroir è tradotta in italiano, ad esempio dal vocabolario Treccani, con territorio, ma una volta applicata al suo ambito di riferimento primario, cioè all’enogastronomia, il suo significato non si può limitare al semplice territorio e si fa obbligatoriamente più ampio, confluenza e dialogo di diversi fattori che contribuiscono a restituirci la panoramica completa di un prodotto alimentare e di un vino in particolare.”, quindi ci riferiamo non solo alle caratteristiche di un determinato vitigno ma anche le specificità del terreno, così come ci riferiamo al fattore umano.)

Se dovesse associare un genere musicale ai vini di sua produzione, quale sarebbe?

Probabilmente influenzato dal contesto territoriale, sono solito accompagnare le degustazioni con musica celtica in sottofondo.

In molte interviste si parla di “vino del ricordo”, in qualche modo richiamando a quelle che sono le tradizioni contadine e popolari della produzione vinicola: esiste un messaggio o valenza sociale nella ricerca dell’eccellenza nei suoi prodotti?

I vini prodotti da Cave MONAJA stanno avendo un ottimo riscontro sul mercato dell’alta ristorazione tanto da poter essere nelle carte di ristoranti a tre stelle Michelin e da quei grandi chef della comunicazione quali Cracco, Cannavacciuolo… Risultati che mostrano il valore di un patrimonio viticolo-enologico che necessiterebbe di maggior attenzione.

E’ importante iniziare a vedere il concetto di sostenibilità anche nella scelta di preservare e valorizzare le vigne esistenti anziché lasciarle in stato di abbandono preferendo fare nuovi impianti sottraendo terreni ad altre destinazioni.

Il vino, così come il cibo e l’arte, comunica qualcosa, anzi, si rende proprio veicolo di un messaggio da far giungere all’altro. Qual è il messaggio che lei vuole comunicare con i suoi prodotti? Quale storia vuole mettere in risalto?

I miei vini vogliono essere espressione del valore di un territorio e la capacità di giungervi con scelte sostenibili e nel contempo legate alla tradizione.

Il motto “gocce di storia” serve a trasmettere il concetto di vino frutto di un percorso di generazioni e legato al passato come ad un presente che partendo dalla Corea è giunto in Valle d’Aosta.


Stiamo assistendo, sotto vari punti di vista, un forte avvicinamento tra Corea del Sud e Italia e non potremmo essere più contente.

Ringraziamo il signor Peloso per averci dedicato un po’ del suo tempo e speriamo di avere l’occasione per incontrarci e discutere di vino, cultura, futuro e tradizioni!

Con tutti voi, ci vediamo al prossimo appuntamento di K-Interview!

안녕히 가세요!

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K-Culture Korea

L’Italia secondo i coreani

Finora abbiamo parlato di tante cose che riguardano la Corea: viaggi, skincare, appuntamenti, ma vi siete mai chiesti cosa pensano i coreani di noi italiani? Qual è la prima cosa che potrebbe venirgli in mente se pensano al Bel Paese? Pasta? Mafia? Berlusconi? Andiamo a scoprirlo assieme!

Cinque miei cari amici si sono resi disponibili per una piccola intervista: Rachel (예정), Mary (수진), Jackson (현석), Olivia (혜린) e Giulia (경나).

Partiamo allora dalla prima domanda: come descriveresti l’Italia in tre parole?

Sarete felici di sapere che nessuno di loro ha risposto “mafia”, anzi, quasi tutti hanno nominato il cibo, la cultura, la moda e il calcio: Giulia, in particolare, descrive il nostro Paese come “antico”, “delizioso” e “bello”!

Quali sono i lati positivi e negativi dell’Italia?

Partiamo dai punti di forza: bellezza delle città e cultura del cibo sono state le risposte più gettonate. 

Rachel aggiunge anche che ciò che le piace davvero dell’Italia è l’architettura, la trova “magnifica”, soprattutto perché è molto differente dalla struttura tradizionale coreana “hanok”. Anche per Giulia, l’architettura italiana è decisamente affascinante, in particolare, i balconi italiani sono una delle cose che più ammirava durante il suo viaggio.

Fun fact: potrebbe sembravi strano, però in Corea i balconi sono una cosa molto rara, difficilmente vedrete dei panni stesi come qui in Italia!

Veniamo ora ai tasti dolenti: per Jackson, i punti deboli dell’Italia sono sicuramente la corruzione dei politici e il tasso di disoccupazione. Per Olivia invece, ciò su cui l’Italia dovrebbe lavorare è l’efficienza dei servizi pubblici, specialmente delle poste (se ne sono accorti anche in Corea, aiuto). Cosa ne pensate? Hanno ragione?

Una delle risposte che più mi ha fatto riflettere è stata quella di Mary: “un paio di miei amici sono state vittime di razzismo da parte di alcuni italiani”. Per fortuna, tutti loro sono consapevoli del fatto che non bisogna far di tutta l’erba un fascio, però l’Italia rimane un Paese molto razzista alle volte!

I coreani sono soliti mangiare al ristorante italiano?

Dato che molti nominano il cibo quando pensano all’Italia, ho chiesto se in Corea vanno nei ristoranti italiani e tutti quanti hanno risposto con un bel “Sì”; Giulia aggiunge che per i coreani è una cosa molto comune andare a mangiare italiano e io ve lo confermo: in Corea potete trovare ristoranti italiani in ogni angolo e sono tutti molto validi, a Seoul c’è addirittura un ristorante siciliano chiamato “Ciuri Ciuri”.

E le celebrità italiane? Chi sono i nostri “rappresentanti”?

Alcuni hanno detto di non conoscere alcuna celebrità italiana, ma sono sicura che almeno una la conoscono: Alberto Mondi, come ci suggerisce Olivia, il quale pur non essendo famoso in Italia, è una delle celebrità straniere più conosciute in Corea! Chi è Alberto Mondi?

Alberto Mondi è un businessman e personaggio pubblico italiano che si esibisce e abita in Corea del sud ormai da un bel po’ di anni: è stato insignito nel 2016 dell’Ordine della Stella d’Italia, un’onorificenza che viene assegnata dal Presidente della Repubblica, su suggerimento del Ministro degli Esteri, a coloro che, italiani all’estero o stranieri, hanno svolto un ruolo chiave nel mantenimento e nello sviluppo dei rapporti di amicizia tra l’Italia e gli altri paesi e nella promozione dei legami con l’Italia.

Giulia ci dice invece che una delle poche celebrità italiane che conosce è Monica Bellucci, che lei stessa ammira per la sua bellezza (come darle torto).

Una delle risposte che mi ha fatto più sorridere è stata quella di Rachel, che ha detto di non conoscere celebrità italiane, tuttavia, la prima persona che le è venuta in mente per questa domanda è stata Leonardo da Vinci: dice di averlo studiato alle elementari e che, da quel momento, le è rimasto impresso per le sue straordinarie capacità di artista, architetto e scienziato!

Devo dire che, se i coreani conoscono molto bene il nostro cibo e la nostra cultura, purtroppo non se la cavano altrettanto bene in campo cinematografico: 4 su 5 affermano di non conoscere alcun film italiano. Jackson, tuttavia, dice di aver visto L’incredibile storia della repubblica delle rose, film italiano basato sulla storia vera di Giorgio Rosa. Voi lo conoscete? 

Viaggiando all’estero mi sono resa conto di quanto il nostro gesticolare sia apprezzato/deriso in tutto il mondo.

Non importa in quale parte del globo ci si trovi, perché esiste un gesto che è diventato, ormai, un biglietto da visita che ci rende riconoscibili ovunque e la Corea non rappresenta un’eccezione. Sapete qual è?

Esatto, è proprio lui!

Ho voluto quindi chiedere ai miei amici cosa ne pensassero del nostro continuo bisogno di gesticolare ogni volta che vogliamo esprimerci. E indovinate un po’? Tutti loro hanno detto che la trovano un’abitudine bella e molto caratteristica. Giulia in particolare dice che secondo lei noi italiani siamo molto sentimentali e il fatto di riuscire ad esprimere dei concetti tramite dei semplici gesti è un tratto estremamente interessante della nostra cultura.

Come avrete capito dalla risposte, l’Italia e gli italiani sono davvero ben voluti in Corea, ho voluto quindi fare LA domanda: usciresti mai con un italiano/italiana? Sarete felici di sapere che tutti e 5 hanno detto sì! Mary ci dice che siamo considerati molti belli/belle, ma che gli uomini italiani sono dei playboy, confermiamo?

Essere italiani è quasi sempre un punto di forza all’estero, siamo un popolo davvero amato: in Corea, come anche in altri Paesi (in America per esempio), essere italiani rappresenta un vero e proprio tratto distintivo. L’Italia ha molti difetti e ne siamo consapevoli tutti, ma una cosa è certa, il bagaglio culturale che ci accompagna ogni volta che varchiamo i confini nazionali ci tornerà sempre utile in una maniera o nell’altra!

Il fatto che persone come Olivia descrivano il loro viaggio in Italia come la più bella esperienza che abbiano mai vissuto ci deve rendere orgogliosi!

Dunque, se mai andrete in Corea, o in qualsiasi altra parte del mondo, siate sempre fieri della vostra italianità e mi raccomando, continuiamo a lottare affinché la pizza con l’ananas (particolarmente apprezzata in Corea) venga bandita da qualsiasi ristorante!