K-Drama Recensioni

The Glory: vendetta, what else?

Prima di iniziare questo articolo, prendiamoci tutti un attimo per riflettere. Ok, avete riflettuto? Perfetto.

Ora prendete un bel respiro e al mio tre urlate fin quando non vi sarà rimasto neanche un solo respiro: 1, 2, 3…

Bene, benvenuti nel gruppo di terapia “Come riprendersi dalla fine della prima parte di The Glory”, io sono Bianca e questo è il nostro incontro inaugurale!

Perché, parlandoci seriamente: qualcuno di voi si è ripreso? O sono solo io la pazza che ha finito questi otto episodi in un giorno e mezzo perché non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo e ora non sa più come impiegare il tempo fino al 10 marzo?

Se non avete ancora visto questo capolavoro, cosa state aspettando ancora? Lo so, questa cosa degli episodi caricati solo parzialmente è uno stress, ma non dimenticate le vostre origini: noi siamo la generazione che doveva aspettare almeno tre giorni per vedere quello che aveva scaricato su E-Mule per poi scoprire di aver scaricato l’episodio sbagliato, della serie sbagliata, nella lingua sbagliata, ma anche la generazione che riusciva ad attendere un’intera settimana per vedere l’episodio successivo della nostra serie preferita!

Sono certa che riuscirete a tollerare anche questa, è per una buona causa, ve lo assicuro.

Per chi lo ha visto, cosa ne pensate? E volete sapere cosa ne penso io? Se siete anche solo un pochino curiosi, dopo la parte introduttiva su questo K-Drama lascerò una recensione senza spoiler su questi primi episodi: continuate a scrollare!

Info base

Titolo: The Glory (더 글로리)

Anno: 2022

Genere: thriller, vendetta

Numero episodi: 16 (divisi in parte 1 e parte 2)

Cast principale: Song Hye-kyo, Lee Do-hyun, Lim Ji-yeon, Yeom Hye-ran, Park Sung-hoon, Jung Sung-il

Dove vederlo: Netflix

Trama

Una studentessa del liceo, Moon Dong-eun (Song Hye-kyo), sogna di diventare un architetto una volta cresciuta ma qualcosa va storto quando viene presa di mira da un gruppo di studenti della sua stessa scuola, diventando la loro fonte principale di divertimento e, purtroppo, unico obiettivo del loro sadismo; giunta al culmine della sopportazione e dopo aver compreso di non avere altre alternative, se non la morte certa, decide di abbandonare la scuola.

Ma Dong-eun non è una persona debole, anzi, trasforma la sua rabbia e sete di vendetta nel carburante che la spinge ad andare avanti, decidendo di farsi giustizia da sé: nonostante le numerose difficoltà e ostacoli da affrontare, la giovane non si perde d’animo e continua a pianificare silenziosamente la sua vendetta.

Gli anni passano e i suoi aguzzini, ormai, hanno dimenticato della sua esistenza e, quasi, anche delle sevizie cui l’avevano sottoposta per lungo tempo e, tra matrimoni, carriere nel fiore del successo, figli e ambizioni, i bulli di Dong-eun vivono un’esistenza serena ma non sanno che ben presto una tempesta si abbatterà su di loro, trascinandoli nell’occhio del ciclone: Moon Dong-eun è tornata, più forte di prima, e non per giocare… o quasi.

Perché la vendetta è un piatto che va servito freddo e Dong-eun lo sa bene, per questo ha aspettato fino all’ultimo momento prima di attaccare e lasciare che i responsabili del suo dolore vivano lentamente il suo stesso incubo.

Cast

Il cast di questo K-Drama è a dir poco spettacolare e, tra vecchie e nuove glorie dell’intrattenimento coreano, abbiamo avuto modo di scoprire le mille sfaccettature e la bravura di alcuni attori coreani presenti. Proviamo a scoprire chi sono?

La protagonista di The Glory è Song Hye-kyo nel ruolo di Moon Dong-eun, la giovane ragazzina bullizzata e abusata fisicamente dai compagni di classe, trasformatasi però nella più affamata delle creature, il più feroce dei mostri: Dong-eun vuole vendetta e non si fermerà davanti a nulla.

Accanto a Song Hye-kyo troviamo il brillante Lee Do-Hyun nel ruolo di Joo Yeo-jeong, un chirurgo plastico appartenente ad una nota famiglia di medici che, però, nasconde un oscuro passato e dei pensieri intimi terrificanti che si scontrano con il calore e la tenerezza del suo volto.

@hancinema

Del “team bulli“, invece, fanno parte:

  • Lim Ji-yeon, nel ruolo di Park Yeon-jin, una ragazzina viziata e crudele, fortemente turbata dalla presenza ingombrante della madre nella sua vita, sarà la principale fonte degli incubi di Dong-eun e, successivamente, il vero obiettivo della vendetta;
  • Cha Joo-young, nel ruolo di Choi Hye-jeong;
  • Kim Hi-eora, nel ruolo di Lee Sa-ra, figlia di un pastore e membro del coro della chiesa, anche lei fa parte del gruppo dei bulli;
  • Kim Gun-woo, nel ruolo di Son Myeong-oh, sin da ragazzino è sempre stato problematico, quindi non stupisce trovarlo tra i membri della gang di bulli, anche se è sempre stato trattato come una sorta di “lacchè” da parte degli altri;
  • Park Sung-hoon, nel ruolo di Jeon Jae-joon, un altro ragazzino con troppi soldi e genitori troppo assenti per curarsi veramente del comportamento del figlio, sarà la spalla di Yeon-jin durante tutta l’adolescenza, anche nelle torture inflitte a Dong-eun.

Ultimi due personaggi che meritano una menzione particolare sono il marito di Yeon-jin, Ha Do-yeong (interpretato da Jung Sung-il), anch’egli nel mirino di Dong-eun, almeno in un primo momento, e Kang Hyeon-nam (interpretata da una magistrale Yeom Hye-ran), una domestica vittima di violenza domestica per mano del marito disposta a tutto pur di tirare fuori da quella situazione tossica lei e la figlia.

Il tema del bullismo

Il tema del bullismo è sempre un tema complesso da trattare, spesso (schifosamente) romanzato, altre volte trattato con eccessiva freddezza, è molto difficile riuscire a mandare un messaggio forte e chiaro agli spettatori senza risultare retorici o, peggio, ipocriti: la linea è molto sottile, essendo un tema ad appannaggio sostanzialmente personale, almeno per quel che concerne le sensazioni percepite e le emozioni registrate davanti a determinate scene o situazioni, quindi occorre un’enorme bravura nel riuscire a non scadere in nessun cliché, mandando all’aria un’intera sceneggiatura, magari valida.

Tuttavia, la penna di Kim Eun-sook è riuscita in questa impresa apparentemente impossibile: la sceneggiatrice coreana è molto nota nella scena, essendo la madre di alcuni dei drama più amati dal pubblico coreano e internazionale, pensiamo a The Heirs, Descendants of the Sun (dove aveva già lavorato con Song Hye-kyo), Guardian: the lonely and great god, Mr. Sunshine e The King: eternal monarch!

Eppure, nonostante il grande successo, neanche per lei sopravvivere nel mondo dell’intrattenimento è stato semplice, infatti è stata spesso criticata per essere in grado di scrivere solo commedie romantiche e di non essere in grado di creare personaggi con una grande psicologia o caratterizzazione: questo di The Glory, sicuramente, non è il caso, perché tutti i personaggi, da i principali ai più marginali hanno una grande struttura psicologica alle spalle, permettendo allo spettatore di guardare a 360° gradi ogni personaggio e di farsi una propria idea circa le motivazioni di fondo che lo spingono a comportarsi in un determinato modo.

Purtroppo, la Corea non è nuova al problema del bullismo: la questione ha iniziato ad essere trattata in maniera molto più seria, o quanto meno, è emersa alla luce del sole nel 2011, quando Kwon Seung-min, un tredicenne che frequentava la scuola media si è suicidato e ha lasciato un biglietto nel quale spiegava nel dettaglio le sevizie cui era stato soggetto, nel silenzio-assenso di insegnanti, scuola e compagni di classe.

Il suicidio a causa di bullismo o a traumi ad esso connessi non è un evento raro, infatti è tristemente tra le cause di morte principali tra i giovani tra i 15 e i 24 anni; come se ciò non bastasse, l’esclusione sociale tocca la soglia del 40% tra gli studenti coreani, quasi due volte la media degli altri paesi, lasciando immaginare in quale razza di limbo desolato siano lasciati coloro che subiscono violenze a scuola, senza nessuno cui rivolgersi.

Il concetto di bullismo in coreano è espresso da un termine specifico, gapjil (갑질), che significa letteralmente “bullizzare i più deboli” ed ha un’origine molto antica, infatti ricorda i tempi in cui i contadini non avevano la possibilità di controbattere e discutere con i proprietari terrieri dei trattamenti che subivano durante il periodo pre-moderno della dinastia Joseon: da questo deduciamo, quindi, che una delle ragioni principali per i quali si è bullizzati (o si bullizza) è per una questione di status sociale o di benessere. Come mai?

Perché, ancora oggi, la Corea del sud è un paese fortemente gerarchico, basta solo pensare al fatto che vengono ancora utilizzati gli onorifici quando si parla ma anche che i più giovani devono chiamare i propri “senior” sunbae (선배) e unnie (언니).

A questo va aggiunto, poi, che la competizione in ambito scolastico a maggior ragione raggiunge livelli spaventosamente alti poiché spesso gli studenti sono spinti a tollerare situazioni stressanti fino all’inverosimile, rendendo l’ambiente e le relazioni tra studenti ostili e non è raro che gli studenti vedano i propri coetanei non come compagni o amici, bensì come nemici e concorrenti.

Le ferite lasciate dal bullismo, spesso, non sono visibili, anzi, nella maggior parte dei casi le vittime di bullismo si portano dietro effetti molto più profonde della “banale” violenza subita, ferite che si radicano negli abissi della loro psiche, causando un aumento dei livelli di ansia e depressione e, nei peggiori dei casi, a istinti autolesionisti e pensieri suicidi.

La Corea del sud, come molti paesi, Italia compresa, è anni luce dal trovare una soluzione a questo problema, dovuto anche alla poca importanza prestata da parte di autorità, insegnanti e genitori che tendono a risolvere tutto con una scrollata di spalle: d’altronde, anche loro probabilmente saranno passati da quelle stesse situazioni, una volta magari nelle vesti della vittima, un’altra volta nelle vesti del boia, quindi non stupisce sapere che al momento nella legge a tutela dei minori della Corea del sud non esista alcun riferimento, se non parziale e sporadico, a casi di bullismo scolastico (avevamo già avuto modo di vedere questa tematica quando abbiamo parlato del K-Drama Juvenile Justice, che potete recuperare qui).

Recensione prima parte

Veniamo a noi, cosa dire di questa prima parte?

Semmai qualcuno dovesse chiedermi di descrivere questo K-Drama con una sola citazione, quella che mi viene subito in mente è certamente questa:

I am already ruined. I have no dignity left. I need to do this. I want to stay faithful to my rage and fury. [Moon Dong-eun – Episodio 6]

Sono già rovinata. Non ho più dignità. Devo farlo. Voglio rimanere fedele alla mia rabbia e al mio furore. [Moon Dong-eun – Episodio 6]

The Glory è incredibilmente terrificante, quasi al punto di diventare affascinante: ogni singola emozione è raccontata nella maniera più cruda che esista, dalla gioia, al dolore, alla cattiveria, alla sete di vendetta, tutto è raccontato ed espresso nel modo più oggettivo e vero del termine, non lasciando alcuno spazio all’immaginazione.

La realtà è quella, il momento è ora, il dolore è lì, davanti a noi e gli spettatori non possono fare altro che assistere, a volte rabbrividendo, a volte trattenendo conati di vomito, altre volte visibilmente sbalorditi dall’insaziabile crudeltà dei bulli di Dong-eun.

Anche il più abituato degli spettatori, a mio avviso, non è pronto a questo spettacolo, la brutalità di alcune scene è insopportabile (ATTENZIONE: se siete facilmente impressionabili, NON vedete questo K-Drama, le scene di violenza sono tante e sono molto crude, quindi potrebbe dare non poco fastidio la loro visione), eppure l’odore della vendetta è così forte da riuscire a superare la barriera dello schermo e di arrivare proprio sotto il naso degli spettatori, tentandoli e catturandoli come un incantatore di serpenti.

In The Glory una cosa è chiara: l’uomo è al centro di tutto, può essere qualunque cosa sceglie di essere, tutto dipende dalle sue scelte, sta ad ognuno di noi scegliere quale strada seguire, dove e come indirizzare le nostre scelte.

Ogni attore meriterebbe 90 minuti di applausi, come direbbe qualcuno, perché la capacità di rappresentare in modo così lampante e agghiacciante la psicologia di un bullo che è consapevole delle sue azioni malvagie è qualcosa che, di certo, non insegnano a scuola di teatro: non ci sono studi che tengano per essere realmente pronti ad affrontare questi personaggi, perché significa entrare in contatto con la parte più nera e oscura della psiche e lasciare fluire quei pensieri cattivi che, ognuno di noi, nelle parti più recondite del nostro cervello, tiene nascosti.

Song Hye-kyo dà voce e volto ad una donna spezzata, triturata dal dolore e masticata e poi sputata dalla vendetta, al punto di farne una parte di sé, quasi una cara amica: una vendetta covata con così tanta rabbia, a cottura lenta come il più complesso dei sughi, ma pronta ad esplodere nel peggiore dei modi, prestando bene attenzione che mieta delle vittime.

E no, in questo caso non vale il discorso della vittima che diventa carnefice: chiunque, nei panni di Dong-eun, avrebbe ceduto… O avrebbe fatto lo stesso. Perché noi uomini siamo capaci di provare anche le più brillanti delle emozioni e osservare il mondo sotto ogni più tenue sfumatura grazie alla luce del sole, ma quando passiamo tanto tempo nell’oscurità, specie quella della nostra mente, tutto intorno diventa buio e quell’oscurità un tempo temuta diventa la nostra migliore amica, trovandovi un’improbabile conforto.

Ognuno dei personaggi di questo Drama è colpevole, ognuno ha le sue colpe da espiare eppure tutti si sentono innocenti, chi davanti agli occhi di Dio, chi davanti agli occhi dei propri figli, chi davanti al proprio specchio: ma la vita, come il mare, riporta tutto indietro sulla battigia e anche la coscienza più pulita inizia a sudare freddo, perché la resa dei conti è vicina e il tempo, come in una clessidra, è quasi finito.

Lee Do-hyung è incredibilmente capace nel rendere inquietante anche il più amorevole dei sorrisi: il suo personaggio è ambiguo, un moderno Doctor Jekyll e Mister Hyde, infatti, se nei primi episodi sembra un ragazzo normale, con il passare del tempo inizia a mostrare sempre più lati tipici del tipo sociopatico, tra allucinazioni, sogni di vendetta e attaccamenti malati.

Al netto di tutto, la vera particolarità di questo K-Drama è che ha tutto quello che si può volere!

C’è il drama, c’è la vendetta, la trama regge e scorre serenamente, non viene voglia di saltare scene, c’è un pizzico di romanticismo (anche la quota red flag è soddisfatta, lol) e c’è quella nota ironica e umoristica che rende tutto ancora più ansiogeno: per quest’ultima cosa occorrerebbe fare una standing ovation alla grandissima Yeom Hye-ran, camaleontica e in grado di passare da donna disperata a efferata spia a madre coscienziosa nel giro di qualche scena, il tutto condito dal suo contagiosissimo sorriso e battute al limite dell’idiotico che, però, alleggeriscono l’atmosfera e spezzano il ritmo, lasciando un attimo allo spettatore per prendere fiato prima dell’ennesimo colpo di scena.

Per ora, questo è tutto quello che possiamo dire sulla prima parte di The Glory: nell’attesa di vedere come si evolveranno queste folli vicende, vi lascio il trailer della seconda parte, in uscita il 10 marzo sempre su Netflix!

[N.d.R.] Leggetelo con la stessa voce di Yeon-jin quando legge le previsioni del meteo, rende il tutto ancora più ansiogeno.

Ci vediamo, sempre qui su questo articolo, per la recensione della seconda e ultima parte!

Scopri di più sull'autore dell'articolo...

Eterna Sagittario, è capitata in questo mondo per sbaglio e non ne è più uscita, riscoprendo se stessa e ciò che la circonda. Un giorno sì e l’altro pure sogna di scappare in Corea: probabilmente lo farà molto presto. Il suo motto preferito è: 시작이 반이다, “l’inizio è la metà”.

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