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#K-Book: La danzatrice di Seul di Shin Kyung-Sook

Oggi vi porteremo in una corte coreana di fine Ottocento e poi a Parigi, negli stessi anni in cui veniva costruita la Torre Eiffel. Il romanzo di cui vogliamo parlarvi, infatti, è ambientato tra questi due luoghi così distanti e diversi: per la rubrica #K-Book, ecco “La danzatrice di Seul” di Shin Kyung-Sook (titolo originale: Rijin, 리진).

La danzatrice di Seul: la trama del romanzo di Shin Kyung-Sook

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Cosa unisce i destini di due persone? Un solo istante, in cui avviene un incontro casuale, come quello tra Victor e Jin. Lui è un diplomatico francese che sta per essere ricevuto dal re di Corea, lei è una danzatrice e alla corte ci vive fin da quando era bambina. Non ha neppure un vero nome e cognome, perché ha perso entrambi i genitori, e tutti la chiamano damigella Suh. Basta uno sguardo fugace, e Victor si innamora di quegli occhi neri. La saluta in francese, senza pensarci: quando la ragazza risponde nella stessa lingua, con grande naturalezza, l’uomo stenta a crederci. Riesce a scattarle una foto di nascosto, e vive ogni giorno pensando a lei, finché la rivede durante un banchetto: Jin esegue una danza meravigliosa, che lascia tutti i presenti senza parole, sulle note del daegeum, il flauto di bambù coreano. 

Con la follia e il coraggio che spesso caratterizzano gli innamorati, Victor arriva in breve tempo a dichiararsi, chiedendo al re il permesso di sposare la damigella Soh. Un fatto più unico che raro, dal momento che le danzatrici di corte non possono lasciare il palazzo e neppure sposarsi. Appartengono già a un uomo, il sovrano di Corea. Eppure questa volta le cose vanno in modo diverso: la damigella Soh riceve un cognome e un nome, Yi Jin, e a soli ventidue anni lascia la Corea insieme a Victor, nel 1891. Dopo una lunga traversata, i due raggiungono la Francia e si stabiliscono a Parigi, una città che per Jin è tutta da esplorare.

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Lontana da ciò che le è familiare, dagli affetti, dalle abitudini che da sempre hanno scandito la sua vita, è la prima donna coreana che mette piede in Europa. Da quel momento vivrà un’esistenza ricca di appuntamenti mondani, in cui mostrerà la sua arguzia e un’intelligenza acuta, che possiede fin da bambina. L’amore per la letteratura e per quella lingua che già conosce molto bene, grazie agli insegnamenti di padre Blanc e al suo prezioso dizionario francese-coreano, che ha portato con sé, e la presenza di Victor, l’uomo che ha rischiato la sua stessa vita per averla accanto, saranno abbastanza per farla sentire a casa?

Jin dovrà fare i conti con una cultura diversa, per la quale, forse, le sue doti più grandi sono la bellezza e la bravura nella danza: una società in cui, a dispetto del grido rivoluzionario che ancora aleggia per le strade – Liberté, egalité, fraternité – gli uomini e le donne non sono affatto uguali.  

Due mondi che si sfiorano

Ambientato tra la Corea e la Francia sul finire dell’Ottocento, La danzatrice di Seul è molto più della storia di due persone. È il racconto di come due mondi totalmente diversi sono entrati in contatto tra loro, delle incomprensioni, delle enormi differenze e delle assonanze, che ogni tanto è possibile individuare qua e là. Cosa vede, Victor, quando il suo sguardo si posa sulle abitudini coreane, sulla rigida etichetta di corte che, erroneamente, credeva simile a quella cinese, alla quale era abituato, e su tutta la realtà che lo circonda, sulla stessa Jin? Cosa comprende e cosa pensa di aver interpretato, cosa invece gli sfugge?

Straniero in una Corea dove francesi, russi, cinesi e giapponesi sono mossi da interessi economici e politici, il suo occhio è quello di un osservatore curioso, di un giovane che ha già visto altri luoghi dell’Asia: il suo cuore e la sua fedeltà appartengono alla madrepatria

All’apparenza, l’atteggiamento di Victor sembra aperto e spesso di sincera ammirazione per quel Paese quasi sconosciuto. Ma pian piano emergono altri dettagli, che incasellano l’uomo in un posto più scomodo e proiettano sulla sua figura le ombre dell’imperialismo e di una concezione totalmente eurocentrica del mondo. Così la Corea, come prima la Cina, dove aveva lavorato per anni, diventano due luoghi esotici e misteriosi, dai quali Victor porta via pezzi d’arte e libri antichi dall’inestimabile valore, con quel gusto tipico del collezionista che batte il territorio alla ricerca della rarità.

Sarà la vita parigina a portare queste riflessioni, non solo nel lettore, ma anche in Jin che, pur estasiata dai capolavori del Louvre, domanderà a Victor il perché di ogni statua e ogni manufatto egizio o greco. La risposta dell’uomo servirà a spiegare anche il suo approccio alle questioni di politica internazionale: in Francia, a suo parere, quelle statue sono al sicuro, custodite meglio rispetto a quanto accadrebbe nel luogo da cui arrivano. Ci sono luoghi su cui vale la pena mettere le mani, soltanto per ribadire e consolidare il proprio potere, e spesso soltanto finché ci sono interessi in ballo. 

Un francese e una coreana, prima che un uomo e una donna 

Pur avendo vissuto sulla sua pelle cosa voglia dire essere uno straniero, Victor non comprende fino in fondo i sentimenti di Jin. È lui stesso ad affermare, per esempio, che durante la permanenza in Corea non era così infastidito dal fatto che tutti lo guardassero.

Jin, invece, si sente come le opere del Louvre: trapiantata in un luogo che le piace ma non le appartiene, e soprattutto, che la accetta solo perché veste abiti in stile parigino e parla correntemente la lingua.

L’unico altro coreano che vive a Parigi, Hong, una vecchia conoscenza di Jin e Victor, le rimprovera proprio questo, di aver dimenticato il suo Paese, cosa che invece lui non ha fatto. In ogni occasione, infatti, continua a indossare il tradizionale abito coreano

Jin, che per lungo tempo non aveva avuto neppure un cognome, cercherà se stessa con affanno, tra i vicoli di Parigi e in seguito avrà modo di riflettere su come alcune idee avessero pesato anche sul suo sguardo, che vedeva in Victor un francese e in lei una coreana, prima di vedere un uomo e una donna. 

Shin Kyung-Sook e la vera storia di Yi Jin

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Shin Kyung-sook – via website

Shin Kyung-Sook è un’autrice contemporanea di cui vi avevamo già parlato il mese scorso. Tra i 4 libri per scoprire la letteratura coreana, infatti, c’era anche il suo “Prenditi cura di lei”, per il quale Shin ha vinto nel 2012 il Man Asian Literary Prize, un riconoscimento che non era mai andato a una scrittrice, e che neppure la Corea del Sud aveva mai ricevuto. 

La storia di Jin è ispirata a un personaggio realmente esistito, di cui Shin ha trovato traccia in un libro sulla dinastia Joseon: un testo lungo appena una pagina e mezza, in cui si parlava di un diplomatico francese che si era innamorato di una danzatrice di corte coreana. Shin non ha trovato altri riferimenti alla vicenda in nessuno degli archivi e dei libri consultati, ma ha deciso di mettere la sua penna al servizio di quella donna vissuta alla fine dell’Ottocento, e di usare la fantasia per riempire i vuoti. 

“La danzatrice di Seul”, infatti, non è un romanzo storico. A dirlo è la stessa autrice, nella bellissima postilla che chiude il libro. È un romanzo che racconta una storia, quella di Jin, ambientata in un preciso momento temporale ricostruito in modo fedele, ma lasciando spazio ai personaggi. Le scelte narrative, infatti, sono fatte sulla base della direzione che le loro vite di ognuno di loro possono e vogliono prendere: la priorità della scrittrice è anche assegnare a tutti quanti delle caratteristiche profondamente umane, che a volte, almeno sulla carta, potrebbero non incastrarsi alla perfezione con il ruolo che ricoprono.

È il caso della regina Min, una donna di cui l’autrice sottolinea paure e gelosie, sentimenti forse meno nobili di quelli che si addicono a una sovrana, ma più autentici. Un personaggio a cui è affidata una riflessione che riprende un tema sempre presente nel libro:

Mi pare di capire che nascere donna è una tragedia laggiù in Francia come lo è qui da noi.

Caratterizzato da una scrittura leggera e delicata come i passi di Jin, “La danzatrice di Seul” è un romanzo in cui non mancano la durezza, la violenza, lo scontro.

A noi è piaciuto molto: e voi? L’avete letto? Fateci sapere cosa ne pensate! Al prossimo appuntamento!

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#K-book: 4 libri per scoprire la letteratura coreana

Ed eccoci al secondo appuntamento con #K-book, la nostra rubrica dedicata agli autori coreani, in cui vi consigliamo alcune letture per portarvi alla scoperta di un panorama letterario che sta destando sempre più interesse. Dopo avervi parlato di “Pachinko – La moglie coreana”, il romanzo di Lee Min Jin che ha ispirato l’omonima serie in onda su Apple tv+ (a proposito, quanti di voi la stanno guardando?), oggi vi presentiamo quattro titoli che appartengono a generi ma soprattutto epoche storiche differenti. Dai racconti scritti tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, alle fiabe tradizionali, dagli anni Sessanta fino ad arrivare alla Corea dei giorni nostri.

“I racconti di Ou” di Yu Mongin

Credits to Carocci Editore
  • Autore: Yu Mongin (유몽인)
  • Titolo originale e anno di pubblicazione: “Eou yadam”, (어우야담), XVII sec.
  • Edizione italiana: Traduzione di Antonietta L. Bruno, Carocci Editore, 2019

Yu Mongin è vissuto tra la seconda metà del 1500 e i primi decenni del secolo successivo. Noto anche come Ou, è a lui che si deve la tradizione del genere yadam, di cui fanno parte racconti su personaggi che affrontano determinati eventi storici. 

Sull’anno della pubblicazione non si hanno notizie certe. Il tema della raccolta, pubblicata come “I racconti di Ou” e tradotta da una versione uscita nel 1964, comprende le vicende legate ai conflitti sia sociali che politici avvenuti tra la fine del primo e l’inizio del secondo periodo Joseon, epoca in cui visse l’autore. Quest’opera è diventata un vero e proprio classico della letteratura coreana; una delle storie incluse nel volume ha ispirato il drama fantasy “The legend of the Blue Sea”, in cui una sirena si ritrova nella moderna Seoul.

“Fiabe e storie coreane” di Maurizio Riotto

Credits to Franco Muzzio Editore
  • Autore: Maurizio Riotto
  • Anno di pubblicazione: 2001
  • Edizione: Franco Muzzio Editore 

Le fiabe rappresentano una parte fondamentale della cultura di ogni Paese. Anche la Corea vanta una lunga tradizione di questi racconti legati al folklore: storie in cui si intrecciano la visione della famiglia, il legame con la natura e gli animali, la rigida struttura della società, l’aspetto spirituale legato ai culti sciamanistici. Questo volume, scritto da un grande orientalista, Maurizio Riotto, che insegna Storia della Corea e Culture Comparate alla Anyang University, raccoglie molte fiabe mai che finora non erano ancora state tradotte in italiano: è un testo di grande interesse sia per chi vuole avvicinarsi alla cultura e alla letteratura coreane, sia per chi invece conosce già molti autori classici e contemporanei. È un libro unico, che aiuta a conoscere e comprendere il substrato su cui si è sviluppata, nel corso dei secoli, la tradizione letteraria della Corea del Sud. 

“L’infinito mare dei vent’anni” di Hwang Seok-yeong

Credits to O barra O edizioni
  • Autore: Hwang Seok-yeong (황석영)
  • Titolo originale e anno di pubblicazione: “Gaebapbaragibyeol” (개밥바라기별), 2008
  • Edizione italiana: traduzione di Andrea De Benedittis, O barra O edizioni, 2021

“L’infinito mare dei vent’anni” procede per giustapposizioni di ricordi, attraverso una serie di flashback che riguardano sia la vita di Chun che dei suoi amici. Siamo in Corea del Sud durante gli anni Sessanta, e al protagonista di questo romanzo spettano due giorni di congedo prima di partire per il Vietnam. Chun sa che potrebbe perdere la vita durante il conflitto, sa che le vere ragioni per cui combatterà sono molto diverse da quelle propagandate dagli americani, si interroga sulla vita e su se stesso, alla ricerca di un senso. Un romanzo di formazione in cui ogni racconto e ogni riflessione sono di grande realismo, e in cui le voci dei diversi personaggi costruiscono un’unica trama che lascia emergere le contraddizioni della società sudcoreana dell’epoca.

Il libro è ispirato alla storia personale dell’autore, che ha combattuto in Vietnam nel corpo di spedizione a supporto delle truppe americane.

“Prenditi cura di lei” di Shin Kyung-sook

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Credits to Neri Pozza
  • Autore: Shin Kyung-sook (신경숙)
  • Titolo originale e anno di pubblicazione: “Eommareul Butakhae” (엄마를 부탁해), 2008
  • Edizione italiana: traduzione dall’inglese di Vincenzo Mingiardi, Neri Pozza, 2011

“Prenditi cura di lei” è un romanzo che parla della famiglia, soprattutto del rapporto tra madre e figlia, attraverso una vicenda in cui veniamo immersi fin dal primo istante di lettura. Il libro, infatti, inizia quando l’evento cruciale della narrazione è già accaduto: Park So-nyo, una donna di quasi settant’anni, è scomparsa in mezzo alla folla dell’ora di punta in una stazione della metropolitana. Suo marito, che l’ha accompagnata a Seoul per fare visita ai due figli, all’improvviso non l’ha più vista accanto a sé e non ha modo di rintracciarla. Mentre nessuno di loro sa cosa fare per ritrovare So-nyo, tutti quanti iniziano a ripercorrere la vita familiare e il rapporto con lei. I due figli, nelle prime parti del romanzo, poi il marito, per lasciare spazio, nel finale, proprio alla voce della donna. 

Un libro toccante e affatto banale, che esplora le sfaccettature del ruolo ricoperto dalla donna e del suo spirito di sacrificio, ma analizza anche i rapporti tra genitori e figli, tra moglie e marito, alla ricerca delle verità nascoste, di tutto ciò che non sappiamo delle persone, neppure quando abbiamo condiviso con loro tutta la vita.

Speriamo che i nostri consigli di lettura vi siano piaciuti. Fateci sapere se avete letto qualcuno di questi libri e quali sono i vostri preferiti. Al prossimo appuntamento con #K-book!