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K-Drama Recensioni

“Juvenile Justice”: qual è il peso della giustizia?

Titolo: Juvenile Justice (소년 심판)

Episodi: 10

Genere: Legal drama

Cast principale: Kim Hye-soo, Kim Mu-yeol, Lee Sung-min, Lee Jung-eun

Dove guardarlo: Netflix

Voto: 9.5

Trama

Le persone tendono a mostrare la loro vera natura quando sono messe all’angolo. Per questo motivo le persone sono cattive.

(Ep. 1, min. 31:40)

Io odio i teppisti“: è questa una delle prime battute che sentiamo pronunciare a Sim Eun-seok (Kim Hye-soo, Tazza: The high rollers, Hyena), la giudice protagonista di questo K-drama, ed è già da queste poche parole che possiamo immaginare bene quale sarà il tenore dell’intera narrazione. Ma chi è Sim Eun-seok?

Donna dal passato misterioso e doloroso, all’inizio della serie viene trasferita al Tribunale minorile del distretto di Yeonwha: sin dalle prime scene appare come molto distante, fredda, una sorta di calcolatore apatico della legge – non a caso è conosciuta tra i suoi colleghi come “Judge Max” a causa della sua eccessiva rigidità nei giudizi -, e si trova a dover avere a che fare con casi molto complessi che, purtroppo o per fortuna, metteranno a dura prova anche le sue più profonde convinzioni, facendole scoprire un altro lato del proprio mestiere e della propria persona.

Accanto a Eun-seok troviamo il giudice Cha Tae-joo (Kim Mu-yeol, Forgotten, My beautiful bride), diametralmente opposto rispetto alla protagonista, infatti questi è molto più affabile, dalla mentalità aperta, sempre disposto ad offrire un’altra possibilità ai giovani delinquenti che si trovano al suo cospetto: mentre Eun-seok è più propensa ad un’applicazione ferrea delle regole, Tae-joo è più per la rieducazione e la riabilitazione dei trasgressori e questo porterà i due giudici a scontrarsi spesso su questioni etiche e metodologiche nella conduzione delle indagini e dei processi.

La serie affronta, nell’arco dei 10 episodi, fattispecie di reato differenti che spaziano dall’omicidio, alle baby gang fino alla violenza sessuale e domestica e, purtroppo, ciò che sconvolge, oltre alla crudeltà dei reati in sé, è la realisticità dei racconti, i quali non sono tratti dall’inventiva di Kim Min-seok, l’autore della serie, bensì dalla cronaca nera coreana: non a caso, il K-drama è vietato ai minori di 18 anni per le tematiche trattate e per le scene violente.

Juvenile justice è il secondo prodotto di questo genere proposto (e prodotto, in questo caso) ultimamente da Netflix, difatti l’anno scorso sempre in questo periodo era stato già mandato in onda il K-drama “Law school” (로스쿨) creato dalla JTBC che vedeva come protagonisti Kim Myung-min (Detective K, VIP, Six flying dragons), Kim Bum (Boys over flowers, Tale of the nine tailed, Ghost doctor), Ryu Hye-young (Reply 1988, The Mayor) e ultima, ma non per importanza, la stessa Lee Jung-eun (Parasite, My Holo love) che, in Juvenile justice non vestirà i panni di una docente della Hankuk Law School ma quelli di un Giudice supremo!

I due K-drama si assomigliano molto, sia per ambientazione che per tipologia di recitazione ma anche per i temi trattati: a dirla tutta, anche le stesse OST sono molto simili!

Ma c’è anche un’altra somiglianza che non passa certo inosservata agli spettatori più attenti: ovviamente parliamo del famosissimo Vincenzo (빈센조), che vede come protagonisti attori del calibro di Song Joong-ki (Descendants of the sun, Arthdal Chronicles), Ok Taec-yeon (Bring it on, ghost, Save me), Jeon Yeo-been (Save me, Night in paradise), Kim Yeo-jin (Itaewon class, Extracurricular) e Kwak Dong-yeon (Gangnam Beauty, It’s Okay to not be okay), e anche in questo caso ci riferiamo ad una serie crime/legal drama che ci porta nei meandri della legge e del business.

Non trovate anche voi una certa somiglianza tra le tre OST qui proposte?

Che Netflix abbia capito che il genere legal drama piace ai suoi spettatori e abbia deciso di investirci maggiori finanze?

Il ruolo del giudice

Non è soltanto [una questione] di chi sia nel torto. L’obiettivo del Tribunale minorile è assicurarsi che i ragazzini non compiano nuovamente crimini.

(Ep. 2, min. 17:24)

Al di là dei singoli casi ed episodi, trattati in maniera magistrale nonostante siano romanzati, ciò che realmente offre questo K-drama è una serie di spunti di riflessione per il grande pubblico su questioni che, normalmente, vengono trattate all’interno delle aule delle scuole di Giurisprudenza e tra “tecnici del mestiere“, prima fra tutti il ruolo del giudice come rappresentante della legge.

Il giudice, nell’immaginario comune, è spesso visto o come una figura maestosa che sta al di sopra delle parti o come qualcuno troppo lontano dalla realtà, circondato comunque da un’aura di potere e di conoscenza: questa serie, invece, ci mostra quanto il giudice viva, giorno dopo giorno, nello svolgimento delle sue funzioni, a stretto contatto con la realtà e con la società, cercando di diventare il miglior interprete possibile tra questa e la legge stessa.

Nell’arco dei vari episodi abbiamo modo di osservare diversi modi di “fare legge” ma, soprattutto, è possibile osservare come si cerchi di sviscerare una questione fondamentale nello studio della legge, in particolare del diritto penale, cioè la funzione della pena, rispondendo alla domanda vecchia come il mondo “bastone o carota?“: se Eun-seok, all’inizio della narrazione, appare più vicina al bastone che picchia duramente chi commette un reato, nel corso degli eventi cambierà approccio, ritrovando un lato più umano, anche nella giustizia.

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Source: NETFLIX

Il mondo della giustizia e la sua bolla

In altre parole, questo significa che lo stato si poggia esclusivamente su sacrifici individuali. In un certo senso, la Corte è colpevole.

(Ep. 5, min. 46:10)

La citazione in sovraimpressione rappresenta uno dei problemi principali dell’apparato statale, cioè quanto le Corti, chi commette dei reati, le vittime e le loro famiglie siano abbandonate su una sorta di isola in mezzo al mare, in un mondo che funziona solo per loro e che, purtroppo, viene considerato troppo distante dalla realtà di tutti i giorni: due episodi, infatti, sono dedicati all’enorme ruolo e fatica svolto, in tutti i paesi, dalle case e istituti che si occupano di prendersi cura dei giovani criminali che vengono mandati dai Tribunali affinché ricevano assistenza, educazione e supporto psicologico perché non ricadano nel terribile incubo della recidiva.

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Che ne è di quelli che non tengono il passo e rimangono indietro? Che ne è delle vittime? Chi è responsabile per loro? [Questo] non è essere efficienti. Questo è essere irresponsabili. Perché non ha un po’ di senso del dovere?

(Ep. 10, min. 06:50)

Al tempo stesso, quando si parla di questi temi, si tende a ridurre tutto il discorso nei “banali” ruoli di reo e vittima, chi ha commesso il fatto e chi l’ha subito, dimenticando però dei protagonisti indiscussi della vicenda, spesso spettatori inermi e indifesi dell’intera pièce, cioè le persone vicine alla vittima e al carnefice, spesso si parla delle loro famiglie, inevitabilmente e indissolubilmente stravolte dagli eventi: purtroppo, però, quando si cerca di fare giustizia in maniera rapida – anche e soprattutto a causa dell’aumentare dei casi e delle pochissime risorse -, sono proprio questi personaggi secondari ad essere lasciati indietro, quasi come se il fatto non riguardasse anche loro, quasi come se non fossero anche loro coinvolti.

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Purtroppo, però, questa serie ci mette davanti ad una triste verità, ovvero che la legge non è in grado di salvare tutti e di proteggere tutte le vittime, nonostante i suoi sforzi e i suoi tentativi.

La vita di chi perde un caro per colpa di qualcun altro, la vita di chi subisce uno stupro, la vita di un figlio che viene allontanato dal genitore per evitare che continui a subire violenze, la vita di un giudice che ha il durissimo compito di valutare in maniera imparziale l’operato altrui, la vita di chi viene condannato a passare una buona fetta della propria vita in carcere: sono loro i veri protagonisti e destinatari della legge, sono loro quelli che devono essere protetti, in tutte le loro sfaccettature, sono loro quelli dei quali lo Stato deve occuparsi perché non si sentano lontani, non si sentano abbandonati nella loro sofferenza e nella loro “diversità”.

“Io sono la vittima. Ma perché sono io quella che viene ostracizzata? Quando potrò tornare alla mia vecchia vita? Potrò mai tornarci?”

“C’è una verità assoluta che ho realizzato lavorando in questo ambito. Chiunque può essere una vittima. E’ una cosa così scontata, ma nessuno lo capisce.”


(Ep. 10, min. 43:20)

Sotto questo punto di vista, Eun-seok ha proprio ragione: “Chiunque può essere una vittima” e questo K-drama ce l’ha ricordato, per l’ennesima volta.

Conclusioni

Gli attori, dai più giovani ai veterani del mestiere, sono di una bravura incredibile, capaci di trasmettere tutte le emozioni provate dai vari personaggi allo spettatore, rendendolo tristemente partecipe del susseguirsi degli eventi.

Questa serie vi farà piangere, rabbrividire, vi farà arrabbiare ma soprattutto riflettere, non solo su di voi ma anche su tante tematiche sempre presenti “sulle nostre tavole” ma spesso ritenute troppo spinose per essere affrontate: Juvenile justice vi obbligherà ad aprire gli occhi, a rendervi conto che queste realtà esistono ed è compito di tutta la comunità quello di riportare sulla corretta strada coloro che, per colpa o per diletto, se ne sono allontanati.

È una serie ben fatta, mai noiosa né banale, forse il ritmo è stato un po’ troppo rallentato – senza grande motivo – negli ultimi due episodi ma la cosa, nel complesso, non crea chissà quale problema e non è poi così fastidiosa: non sarà certamente la serie della vita, di quelle che si riguardano volentieri nei momenti di noia, ma rientra a gamba tesa tra i migliori prodotti dell’ultimo anno.

Se vi piace il genere legal drama, questa serie è un assoluto must-have nella vostra lista, non potete assolutamente perdervelo!

Avete visto questa serie? Cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!

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“Our beloved summer”: certi amori fanno giri immensi e poi…

Titolo: Our beloved summer (그 해 우리는)

Network: SBS Tv

Episodi: 16

Genere: Romantic comedy

Cast principale: Choi Woo-shik, Kim Da-mi, Kim Sung-cheol, Roh Jeong-eui

Dove guardarlo: Netflix

Voto: 8/10

Trama

Our beloved summer” (그 해 우리는) è una serie rom-com diretta da Kim Yoon-jin e scritta da Lee Na-eun che racconta le vicende di due giovani, Kook Yeon-su (Kim Da-mi, Itaewon class) e Choi Ung (Choi Woo-shik, Train to Busan, Parasite), ex compagni di scuola e ex fidanzati che, ai tempi del liceo, si erano trovati ad improvvisarsi attori durante le riprese di un documentario girato proprio nella loro scuola.

Seppur in un primo momento i due protagonisti non riuscissero neanche a stare nella stessa stanza senza battibeccare, presto le cose prenderanno un’altra direzione e, come in tutti gli enemies-to-lovers che si rispettino, anche in questo caso i sentimenti avranno la meglio, infatti i due da acerrimi nemici inizieranno ad avvicinarsi sempre di più, diventando poi una coppia a tutti gli effetti.

Purtroppo, la fortuna non sempre gioca a loro favore e per una serie di motivazioni contingenti, incomprensioni, paure, si allontaneranno, promettendosi di non incontrarsi mai più.

Scherzi del destino e seconde chance

Passano cinque anni dalla loro rottura, Ung diventa un famosissimo illustratore sotto lo pseudonimo di “Go-oh” mentre Yeon-su, nonostante la difficile situazione economica familiare, riesce finalmente ad ottenere un lavoro che le permette di tirare un sospiro di sollievo: nel complesso, i due sono certi di non doversi incrociare mai più.

Il fato, però, ha altri piani per loro e ci dimostra, ancora una volta, come un incidente di percorso non debba sempre essere visto come un impedimento bensì come un’occasione per riflettere e riprendere fiato: un po’ come abbiamo già visto in molti altri K-drama e K-movies (ricordate quanto abbiamo dovuto soffrire per colpa del destino e delle infinite pene che ha afflitto ai poveri Mi-soo e Hyun-woo di “Tune in for love” oppure dell’amore -quasi- impossibile tra Se-Ri e Jeong-hyuk di “Crash landing on you”?), il Destino svolge un ruolo fondamentale nella narrazione e questo k-drama non è da meno. Perché?

Perché il caso vuole che il documentario girato al liceo sia nuovamente tornato alla ribalta grazie all’avvento dei social e molti netizen abbiano iniziato a chiedere sempre più insistentemente un sequel per sapere che fine avessero fatto i protagonisti, che ne fosse stato del loro rapporto: insomma, il mondo dell’internet aveva parlato e sappiamo tutti che non è affatto facile zittirlo!

Ed è in questo contesto che conosciamo un altro personaggio importantissimo, Kim Ji-Ung (Kim Sung-cheol, Prison playbook), regista e migliore amico di Choi Ung, con il quale condivide il nome e proprio questo, sin dall’inizio della loro amicizia, porterà ad una serie di situazioni esilaranti ma anche ad un eterno confronto tra i due, dovuto principalmente alla situazione familiare tutt’altro che pacifica in casa di Ji-ung.

Kim Ji-ung e Choi Ung

L’amore e il valore del tempo

“Everyone has unforgettable memories from a certain year of their life. They cherish those memories so much that it lasts a lifetime. And our year hasn’t ended yet.”

L’intera serie ruota intorno al concetto del tempismo, del momento perfetto e, a dirla tutta, ogni personaggio perde un’infinità di occasioni e possibilità di svoltare la propria vita per colpa di tante, troppe insicurezze e pensieri ingombranti: persino la rottura tra Ung e Yeon-su sarebbe stata evitabile se soltanto entrambi avessero colto la palla al balzo per non fare ingigantire gli eventi e per riprendere le redini della loro storia.

Questa serie ci insegna che, talvolta, andando avanti nella nostra vita, tendiamo a pensare di dover per forza fare una classifica delle nostre priorità, pensiamo di dover necessariamente scegliere dove focalizzare le nostre attenzioni, dimenticandoci però di essere umani e che, certe cose, non è proprio possibile eliminarle del tutto dalla nostra vita.

“10 things I hate about you”

Julia Stiles nei panni di Kat Stratford in “10 things I hate about you”

Richiamando un po’ l’emblematica scena del film omonimo con Heath Ledger e Julia Stiles, anche in questo caso ci troviamo dinnanzi ad una crisi o meglio, l’inizio di una crisi, infatti in questo episodio vediamo gli infiniti tentativi di Ji-ung, direttore incaricato dall’emittente televisiva alle riprese del documentario che vede come protagonisti i suoi due amici, di convincere il cast a partecipare al suo progetto, consapevole della rottura e del pessimo sangue che scorre tra i due ex fidanzati.

Questa volta, però, la situazione è ben più complessa perché, come ormai sappiamo, i coreani hanno una certa passione per le storie intricate e non sarebbe un vero K-drama senza una second-lead: ebbene sì, il nostro caro Ji-ung altro non è che innamorato, sin dal primo giorno di liceo, della giovane Yeon-su, la quale però non ha mai avuto occhi se non per Ung.

I sentimenti di Ji-ung nei confronti di Yeon-su diventeranno via via più forti e ingombranti, rendendogli il lavoro molto complesso, specie quando si renderà conto, molto prima dei diretti interessati, dell’amore ancora vivo tra i protagonisti, relegandolo ancora una volta al ruolo di osservatore esterno: questo perché, in più occasioni, Ji-ung ripeterà di essersi sempre sentito un semplice osservatore in molte situazioni della sua vita, quasi un estraneo nei confronti di chiunque, persino di se stesso.

Il ruolo dei personaggi secondari

C’è da dire, però, che questa volta i coreani l’hanno proprio combinata grossa e hanno voluto rendere le cose ancora più complicate del solito, infatti non si parla più solo di second-lead ma ci troviamo davanti ad un enorme intreccio sentimentale: un po’ il classico “lui ama lei ma lei ama un altro e l’altro ama un’altra”.

Ecco un breve frame che raffigura il team di Mondocoreano mentre cerca di ricordarsi tutti gli intrighi amorosi:

Infatti, è proprio in questo contesto che troviamo l’inserimento di altri due personaggi fondamentali nello sviluppo della vicenda, cioè NJ (Roh Jeong-eui, 18 Again) e Jeong Chae-ran (Jeon Hye-won, Love (ft. Marriage and Divorce)): la prima è una famosissima idol senza amici né persone care che si infatua del giovane Choi Ung e della sua arte, mentre la seconda è una collaboratrice di Ji-ung che, come tutt* almeno una volta nella vita, si innamora del classico ragazzo “cattivo e inavvicinabile“.

Oltre a loro due, anche gli altri personaggi che ruotano intorno ai nostri protagonisti svolgono un ruolo fondamentale, infatti a differenza di tante altre serie, stavolta vediamo come anche i personaggi secondari hanno la possibilità di splendere, nella loro semplicità e unicità, rendendo il tutto molto più corale e piacevole allo spettatore: pensiamo al ruolo svolto dagli amorevoli genitori di Choi Ung, la scorbutica nonna di Yeon-su, così come Gu Eun-oh (Ahn Dong-goo, Sweet home), manager e amico di Ung, oppure Lee Sol-yi (Park Jin-joo, It’s okay to not be okay), migliore amica di Yeon-su e pessima imprenditrice.

What if…?

Una delle prime cose che notiamo è la strana abitudine di Yeon-su di fare domande ipotetiche nei momenti più improbabili e sulle questioni più disparate, portando allo stremo il povero letargico Ung: in realtà, anche in questo apparente dettaglio insignificante troviamo un riferimento tutt’altro che stupido, infatti la nostra Yeon-su, fintamente forte e indipendente, nasconde una profondissima fragilità e un estremo bisogno d’essere rassicurata. Perché?

Perché, purtroppo, nella sua vita non sempre tutto è andato per il verso giusto, anzi, tutt’altro: cresciuta senza genitori e con la sola nonna, si è sempre dovuta scontrare con la triste vita e realtà di chi non può permettersi molto e, soprattutto, di chi deve spaccarsi la schiena fino all’ultimo giorno della sua vita per andare avanti. Questo la porterà a diventare molto egoista, a mettere se stessa al primo posto, più per paura che gli eventi la trascinino in profondità, dimenticandosi però di essere solo una giovane ragazza con un’intera esistenza davanti a sé.

Il ruolo della famiglia, in questa serie, è particolarmente enfatizzato e abbiamo modo di vedere tutte le sfaccettature di questa dimensione, avendo così un quadro complesso di tutti i personaggi: pensiamo, per esempio, ai genitori di Ung che, nonostante il grande dolore che portano nel cuore, non hanno mai fatto mancare nulla al figlio, oppure pensiamo all’assente madre di Ji-ung.

Ji-ung è uno dei personaggi con la caratterizzazione più intricata e interessante, appare come un “cattivo” ma, anche lui, ha un passato molto difficile alle spalle, dovuto prevalentemente alle sparizioni costanti da parte della madre, sparizioni alle quali il ragazzo ha cercato di sopravvivere, costruendosi una corazza impenetrabile, convincendosi al tempo stesso di non essere meritevole di ricevere amore dagli altri.

Every life is a work of art. And it becomes complete when all the pieces come together. My life couldn’t be complete because of a piece I’ve never had before. I couldn’t see why though. A piece everyone has and isn’t that hard to obtain. I didn’t know why I was the only one who didn’t have that piece. […] so I got curious, I wanted to know the reason why I couldn’t have that piece. […] that’s when I realized that I was a useless piece in her life. The thing I wanted so desperately was hell for her. So I decided that I would never have that piece. My life wasn’t a work of art. It was just an episode of a boring documentary series that no one watches.

Ji-ung sul rapporto con la madre, ep. 15 “Three idiots”

Riferimenti cinematografici e scelte di regia

Parlando, ora, in termini più tecnici, una scelta molto interessante è stata quella della telecamera – quasi sempre – singola, in stile cinema verità, consistente nella narrazione oggettiva della realtà soggettiva, tipico dei documentari.

Va detto, inoltre, che non sono pochi i riferimenti alla cinematografia occidentale, ad esempio: avete notato la somiglianza tra la scena del bacio sotto la pioggia tra Ung e Yeon-su e l’emblematica scena di “Orgoglio e pregiudizio” tra Mr. Darcy ed Elizabeth Bennet? Esatto, infatti, non è un caso che proprio uno degli episodi si intitoli “Pride and prejudice”!

Oppure ancora, avete notato il riferimento al film “No strings attached”, diventato famoso per il “You said no flowers”, e la scena del corn-dog in riva al mare?

Protagoniste indiscusse: le OST!

Ultime, ma non per importanza, vanno analizzate le OST, fiore all’occhiello di questa serie, tra i cui autori spiccano nomi non da poco come V dei BTS e la cantante BIBI, in grado di creare il perfetto sottofondo musicale alla moltitudine di scene e vicende.

So, I’ll tell you
A million tiny things that
You have never known
It all gets tangled up inside
And I’ll tell you
A million little reasons
I’m falling for your eyes
I just want to be where you are

Christmas tree – V

Avete notato come V sia sempre pronto a fare nuove OST per gli altri membri della Wooga Squad?

만약에 우리 우연히
다시 또 만난다면
만약에 내가 널 위해
조금 달라진다면

Maybe if – BIBI

If, by some chance, we meet again
If I change a little bit for your sake
Even the reason why we had to part
I would try, try, try
Would I be able to hug you?

Conclusioni

Volgendo al termine di quest’analisi, cosa possiamo dire? Senz’altro è una serie piacevole da guardare, forse un po’ troppo lunga verso la fine, probabilmente avrebbero potuto tagliare qualcosa e chiudere con 12/13 episodi invece di 16.

Due ulteriori appunti meritano di essere fatti: in primis va detto che, seppur siamo ormai abituati all’eccessivo romanticismo coreano, in questo caso la serie, nonostante sia dolce come il miele, a tratti diventa stucchevole e quasi fastidiosa; in secondo luogo, alcune informazioni sono “too much” e non aggiungono nulla alla narrazione, quindi potevano essere eliminate e rendere il tutto un filo più scorrevole.

Nel complesso è gradevole da guardare e non richiede troppo sforzo, quindi può essere anche messo come sottofondo mentre si fanno altre cose!

Avete visto questo k-drama? Che ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!

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“Itaewon Class”: una moderna lotta di classe

원하는 대로
다 가질 거야
그게 바로 내 꿈일 테니까
변한 건 없어
버티고 버텨
내 꿈은 더 단단해질 테니
다시 시작해

I’m gonna run until I reach my goal,
Doing what I want,
Getting what I want,
That is gonna be my one shining dream.
Nothing’s gonna change. I can make it through.
My big dreams will grow wherever I am.
I will start again.

(시작 (Start), Gaho – Itaewon class OST pt.2)

Itaewon Class” è un K-Drama coreano del 2020 prodotto dalla Showbox e trasmesso, in Corea, dalla JBTC e dalla piattaforma streaming Netflix per il resto del mondo, ha avuto un grandissimo successo ed è stato valutato con 8.2/10 dagli utenti di IMDb rating.

Locandina del K-Drama “Itaewon Class”

Trama

Ispirato all’omonimo webtoon ad opera di Kwang-Ji, autore coreano che ne ha curato anche la trasposizione cinematografica, narra le vicende di Park Sae-Ro-yi, un giovane dal forte temperamento e poco avvezzo alle ingiustizie, il quale a seguito della tragica morte del padre causata da un incidente, perde la testa e cerca di uccidere il colpevole di quella sciagura, procurandosi soltanto un biglietto di sola andata per il carcere, dove avrà modo di riflettere sui propri errori, sui propri demoni e sulla vendetta da mettere in atto contro l’ex datore di lavoro del padre, un magnate della ristorazione coreana.

Una volta rilasciato, deciderà di cambiare vita e di tentare il salto di qualità aprendo il proprio pub, dando inizio ad una spietatissima concorrenza a suon di pubblicità, inventiva e passione ma senza esclusione di tiri mancini.

I personaggi principali

Sae-ro-yi, interpretato dallo straordinario Park Seo-joon, si presenta agli occhi dello spettatore come il classico “bravo ragazzo cui la vita ha voluto male”, ha il volto segnato dalla disgrazia, tiene a freno la sua emotività e cerca di essere quanto più razionale possibile, anche quando potrebbe sbottonarsi un po’ e lasciarsi andare alle emozioni, ma è comprensibile come atteggiamento, lui sa perfettamente cosa voglia dire perdere tutto e rischiare di ritrovarsi con un mucchietto di polvere tra le mani.

Tuttavia, Sae-ro-yi è anche molto determinato e ambizioso e queste sue eccelse qualità lo porteranno, talvolta, sull’orlo del precipizio dal quale, nella buona e nella cattiva sorte, lo tirerà fuori la co-protagonista, l’inafferrabile ed enigmatica Jo Yi-seo (interpretata dall’attrice Kim Da-mi): lei, al contrario del suo collega, è totalmente dedita alle emozioni e all’istinto, è una perfetta calcolatrice, sa quello che vuole e farebbe di tutto per raggiungerlo, proprio per questo trasformerà il sogno di Sae-ro-yi nel suo stesso sogno, impegnandosi anima e corpo in questo progetto.

Ma non sarebbe un vero K-Drama senza la “second lead”, il “finale alternativo” che rischia di far saltare l’equilibrio dei protagonisti, e anche in questo caso abbiamo uno splendido scontro testa a testa, fino agli ultimi episodi, tra la nostra Jo Yi-seo e la sua eterna rivale, Oh Soo-ah (interpretata da Kwon Na-ra), il primo vero amore di Park Sae-ro-yi, con il quale aveva condiviso gioie e lacrime sino alla sua incarcerazione, infatti in seguito riceverà una borsa di studio proprio da Jang Dae-hee, il capo del Jangga Group, l’azienda dove lavorava il padre di Sae-ro-yi, per poi diventarne una dipendente. Il loro rapporto sarà un attacco-difesa senza sosta, entrambe determinate ad avere il primo posto nel cuore del nostro protagonista e, se in un primo momento le cose si metteranno male per Jo Yi-seo, il vento andrà anche in suo favore, cambiando le regole del gioco.

Davide contro Golia

Itaewon class è un drama dolce amaro, piacevole da vedere come semplice passatempo ma che termina per catturare l’attenzione dello spettatore e fargli provare l’uragano di sensazioni che vivono i personaggi, lasciandolo con il fiato sospeso e mai sicuro al 100% di quello che accadrà di lì a breve così come nella vita vera.

La particolarità di questo drama è la rappresentazione della classica lotta di Davide contro Golia perché Park Sae-ro-yi diventa un anti-eroe moderno, con tutte le sue difficoltà, difetti e pregi, che cerca di sovvertire un ordine al quale non vuole partecipare e che non apprezza: Sae-ro-yi è giovane, è innovativo, è arrabbiato e ha voglia di rivincita, non tanto per se stesso quanto più per l’infausta sorte del padre, e diventa in questo modo la rappresentazione del nemico per eccellenza del sistema malato nel quale viviamo anche noi e con il quale si scontrano ogni giorno tanti giovani che vogliono trovare la loro strada con i loro mezzi e non vogliono più stare alle regole di quel gioco vecchio e desueto.

L’antagonista di Sae-ro-yi è Jang Dae-hee, un uomo che ha costruito con la propria fatica e sudore il suo stesso impero e che cerca di tenersi stretto quanto ha creato, screditando gli altri e facendoli desistere dai loro sogni e tentativi vani di imporsi sulla scena di Itaewon, il quartiere degli stranieri di Seoul, colmo di negozietti e ristorantini di ogni genere: il signor Jang è un moderno Mr. Scrooge del “Cantico di Natale”, un uomo troppo impegnato a vivere nel presente e a progettare il suo futuro, aspirando a renderlo ancor più dorato e splendente, da dimenticarsi del suo passato e delle sensazioni che, involontariamente, condivide con il giovane Park Sae-ro-yi.

Forse, è proprio questa loro quasi vicinanza a renderli ancor più diversi e antagonisti, sono entrambi ambiziosi e conoscono entrambi quella terribile sensazione di dover abbandonare il proprio desiderio a causa di eventi esterni alla loro giurisdizione, ma mentre Jang Dae-hee ha l’obiettivo di rimanere l’unico re di Itaewon, Park Sae-ro-yi ha in mente solo il riscatto sociale, solo voler cercare di cancellare quella macchia dovuta al suo periodo in carcere e gli errori commessi in passato a causa del suo temperamento.

Il vero “cattivo” dell’intera vicenda non è Jang Dae-hee che, nonostante le pessime ma coerenti motivazioni, darà molto filo da torcere al nostro protagonista, bensì è il figlio del signor Jang, Jang Geun-won, un arrogante e presuntuoso giovane ricco con l’ansia da prestazione e manie di protagonismo, in eterna competizione con il fratellastro e con qualunque altro essere si immetta sulla sua stessa strada (creando non pochi problemi, in primis con lo stesso Park Sae-ro-yi) e soprattutto con il costante bisogno di dover dimostrare la propria bravura e valore al padre, con il quale ha un rapporto d’amore e odio, tentando di spodestarlo e dimostrargli una volta per tutte che anche lui sarebbe in grado di gestire lo stesso Jangga Group.

Al di là del mero dispiacere per la pessima infanzia e ambiente nel quale è cresciuto il nostro Geun-won, non possiamo esimerlo dalle sue colpe e dai tanti danni causati ai protagonisti della serie, le cui vite saranno effettivamente scosse e cambiate proprio a causa di questi.

Una forte critica sociale

Il mondo prospettato dalla serie tv, quello della ristorazione e del business d’impresa, è un mondo spietato, un mondo che non accetta e perdona i passi falsi e lo stesso Sae-ro-yi e i suoi collaboratori ne pagheranno le conseguenze, approfittandone però (dopo un momento di sconforto) per trovare la forza per rinnovarsi nuovamente, accettando la dura verità del mondo del lavoro: non c’è mai un punto d’arrivo, non c’è mai niente di certo e bisogna sempre stare al passo con i tempi o si rischia di essere sommersi dall’onda e non riuscire più a tornare a galla.

Si potrebbe definire una “moderna lotta di classe” perché si osservano dei temi ricorrenti nelle classiche battaglie sindacali, politiche e soprattutto sociali che da tempo immemore sovvertono, o cercano di sovvertire, l’ordine delle cose, osserviamo la voglia della classe più povera di farsi maggiore spazio nella società oppure la volontà di cambiamento per costruire un mondo più a misura d’uomo; dall’altra parte troviamo anche tematiche nuove, più moderne, che danno un tocco di freschezza all’intero complesso, grazie anche e in particolar modo alla componente LGBTQ+ dovuto alla presenza della giovane Ma Hyeon-yi (interpretata dall’attrice Lee Joo-young), una ragazza transgender e chef al DanBam, il ristorante di Park Sae-ro-yi, oppure ancora la tematica del reinserimento in società degli ex detenuti, nel caso concreto non soltanto Park Sae-ro-yi ma anche un suo ex compagno di cella e poi collega al ristorante, Choi Seung-kwon (interpretato da Ryu Kyung-soo).

Proprio per questo motivo, Itaewon class risulta essere una boccata d’aria fresca nel panorama cinematografico e dell’intrattenimento coreano e non solo, perché riesce a coniugare importanti questioni sociali ad una storia leggera, fatta d’intrecci, storie d’amore, incomprensioni e speranze condivise e combattute tra i vari protagonisti.

Last but not least, occorre fare un plauso finale alla scelta e varietà di OST (Original Sound Track) operata da parte della regia, sono in particolar modo 13 brani che hanno contribuito a rendere ancor più memorabile questo drama, tra i quali non soltanto spiccano la OST part 2, “시작” (Start) dell’autore coreano Gaho, ma anche la OST part 12, la canzone “Sweet night” scritta e cantata da V (Kim Taehyung), membro dei BTS.

Autrice: Bianca Cannarella

Eterna Sagittario, è capitata in questo mondo per sbaglio e non ne è più uscita, riscoprendo se stessa e ciò che la circonda. Un giorno sì e l’altro pure sogna di scappare in Corea: probabilmente lo farà molto presto. Il suo motto preferito è: 시작이 반이다, “l’inizio è la metà”.