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Lezioni di storia coreana: la Corea del ‘900

Benvenuti al terzo episodio di “Lezioni di storia coreana“, la rubrica di Mondocoreano per gli amanti della storia e per chi vuole saperne di più su questo fantastico paese che è la Corea del sud!

Come visto nelle precedenti puntate, la storia della penisola coreana è costellata di alti e bassi, di periodi di grande splendore e periodi di buio e disperazione e, proprio in ragione di ciò, non possiamo non parlare di un capitolo fondamentale per lo sviluppo contemporaneo e moderno della – attuale – Repubblica di Corea. A cosa ci riferiamo?

Ovviamente alludiamo all’occupazione giapponese, ma proviamo a ricostruire piano piano tutti i tasselli di questa storia.

Periodo storico

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Soldati giapponesi arrivano a Seoul, Korea, durante la guerra russo-giapponese (1904-1905 circa), credits to yooniqimages

Quando parliamo dell’occupazione giapponese della Corea ci riferiamo ad un arco temporale che va dal 1910 fino al 1945 e rappresenta uno dei momenti più tristi e dolorosi della storia coreana, durante il quale gli abitanti persero, nel corso degli anni, quell’indipendenza che avevano faticosamente raggiunto durante l’epoca Joseon.

Possiamo dividere i 35 anni di colonizzazione nipponica, in 3 fasi distinte:

  1. Primo periodo (1910-1920);
  2. Secondo periodo (1920-1930);
  3. Quindicennio finale (1930-1945);

Il primo periodo: gli anni ’10 del 900

Nel primo periodo, noto tristemente per la crudele repressione generale verso il popolo coreano, i giapponesi cercarono di distruggere l’orgoglio coreano sfruttando le risorse del Paese e cercando di colonizzare sempre di più la penisola: in questi anni venne instaurato un vero e proprio Stato di polizia al fine di reprimere e punire ogni sorta di ribellione da parte del popolo colonizzato. Cosa intendiamo con “stato di polizia”?

Lo stato di polizia è un’evoluzione dello stato assoluto, concetto che ha visto i suoi albori a partire dalle Grandi monarchie del 1700 in Europa (in particolare con Maria Teresa d’Austria e con Federico il Grande), e che ha come caratteristiche generali il raggiungimento del benessere dei cittadini tramite una fortissima centralizzazione dei poteri dello stato.

In risposta alla forte oppressione dei giapponesi all’interno del Paese, si formarono piano piano, al di fuori della Corea, delle associazioni patriottiche coreane, unite dal desiderio di liberare il Paese dalla furia nipponica.

Con la fine della Grande Guerra, i coreani videro nella Russia un possibile aiuto nella lotta contro i giapponesi e in questo clima di entusiasmo, ma anche di incertezze e paure, nacque il cosiddetto “Movimento del 1° marzo” per l’indipendenza del Paese (Samil undong).

Nel frattempo, il 22 gennaio 1919 morì l’ex re coreano Kojong e iniziò presto a circolare la voce che fosse stato avvelenato da un soldato giapponese e, ovviamente, questo non fece altro che aumentare notevolmente il malcontento all’interno del Paese e i capi della resistenza coreana ne approfittarono per unirsi ancora di più contro il nemico comune; il 1° marzo 1919 ci fu la lettura in piazza della dichiarazione di indipendenza davanti a una folla numerosissima che si sparse per le strade della capitale inneggiando all’indipendenza: purtroppo, però, la repressione fu brutale e migliaia di cittadini coreani vennero uccisi a colpi d’arma da fuoco mentre altri vennero rinchiusi in loculi senza uscita, lasciati morire tra le fiamme, così come vennero bruciate case, scuole e chiese.

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Manifestazione del 1° Marzo 1919, una delle prime manifestazioni apertamente contro l’occupazione nipponica, credits to pilgrimwithapassport

Mai, fino ad allora, c’era stata una reazione così violenta ai danni del popolo coreano e il Giappone mostrò il suo lato più brutale e razzista e si pensa, infatti, che alla fine ci furono quasi 10.000 morti, 15.000 feriti e più di 50.000 imprigionati e, purtroppo, la natura pacifica della protesta coreana servì a ben poco, anzi tutto ciò aveva portato al massacro generale di un Paese che aveva cercato di tornare a splendere come una volta.

I coreani, però, non si lasciarono abbattere dalla brutalità e dai massacri messi in atto dai nipponici, infatti, la resistenza continuò nel suo durissimo percorso e il 10 aprile 1919 venne costituito a Shanghai un governo provvisorio coreano mentre i coreani esuli in Manciuria attaccavano le unità giapponesi: se, da una parte, il governo provvisorio avviava attività diplomatiche col resto del mondo, la lotta armata della resistenza, riprese più forte che mai.

Il secondo periodo: gli anni ’20 del 900

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Seoul, Korea, durante il periodo d’occupazione giapponese, credits to OoCities

Il decennio che venne a seguire, visti gli esiti del primo periodo, non prometteva nulla di buono, eppure, il Giappone decise di ridurre in parte la propria dominazione in terra coreana e questo fu l’inizio della cosiddetta “politica illuminata”, in cui vennero usati metodi più umani e data qualche concessione in più ai colonizzati, permettendo addirittura a qualche coreano di entrare nei ruoli dell’amministrazione, venne anche consentita la stampa di quotidiani coreani (seppur sotto parziale censura), che ancora oggi esistono e sono tra i maggiori quotidiani della Corea. Quali sono questi giornali?

Il Chosun Ilbo (조선 일보, 朝鮮 日報)!

Comunque, nonostante queste piccole concessioni date ai coreani, questi furono gli anni in cui il Giappone, provato anche dalla prima guerra mondiale, sfruttò al massimo le risorse coreane, sarà infatti in questo periodo che la Corea diventerà il “Granaio del Sol Levante”, con le sue industrie e la manodopera a basso costo, fornita dai lavoratori locali, non a caso, in questi anni, molti coreani, in preda alla disperazione, emigreranno in Manciuria e nello stesso Giappone per fuggire alla dominazione nipponica.

In questi anni, l’odio tra le due etnie divenne sempre più grande e la lotta armata continuò per tutto il decennio, insieme a quella politica. Il 1° settembre 1923 Tokyo fu gravemente danneggiata da un terremoto e i nipponici sfogarono la loro rabbia e frustrazione facendo strage dei coreani presenti sulla loro terra.

La “politica illuminata” fu un fallimento e il decennio si chiuse in un turbinio di violenza.

Il quindicennio finale: gli anni dal 1930 al 1945

Questi ultimi 15 anni segnarono l’ultima fase del dominio giapponese in terra coreana, fu il periodo dell’alleanza col nazi-fascismo e di un Giappone più che mai imperialista e nazionalista: in questi anni i nipponici tenteranno di allargare sempre di più i loro confini, con la conquista della Manciuria nel 1931 e la repressione sui coreani divenne sempre maggiore.

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Soldato giapponese colto mentre si prende gioco – forse – di due anziani coreani, credits to imgur

Questa volta, però, i coreani non si fermarono alla semplice guerriglia e presero anche loro a rispondere alla violenza giapponese con altra violenza, dando il via ad una serie di attentati e, uno dei più importanti, fu quello ai danni dell’imperatore giapponese Hirohito a Tokyo e, poco più tardi, seguì quello a un ambasciatore giapponese in Manciuria, da parte di una donna coreana sessantenne, che una volta catturata, si lasciò morire di fame in cella.

A questo punto i giapponesi, stanchi delle rivolte da parte dei coreani, iniziarono ad attuare una repressione forzata, volta ad annullare completamente l’identità coreana, un’autentica operazione di “pulizia etnica”, infatti i programmi didattici nelle scuole cambiarono drasticamente dando maggiore importanza allo studio della lingua giapponese e anche alla conoscenza della storia, secondo i canoni giapponesi, e si arrivò al punto che fu vietato completamente l’uso della lingua coreana in pubblico: anche la religione, subì delle conseguenze, infatti dal 1935 in poi, tutti i coreani dovevano seguire le cerimonie Shinto e questo, ovviamente, portò all’ennesimo malcontento che sfociò in ribellione da parte dei fedeli dell’altro credo e, anche in questo caso, la punizione dei nipponici non tardò ad arrivare e molti sacerdoti vennero arrestati ed espulsi i missionari.

Slogan come “Nissen yuwa” (armonia fra Giappone e Corea) e “Naisen ittai” (Giappone e Corea, una sola nazione) non facevano che confermare l’estrema ipocrisia e, allo stesso tempo, ferocia del popolo colonizzatore che non aveva alcuna intenzione di allentare la presa e lasciare libertà ai cittadini schiavizzati, ormai allo stremo delle forze.

Gli ultimi anni del dominio giapponese furono, forse, quelli più drammatici: nel 1937 scoppiò la guerra tra Giappone e Cina, vennero arruolati soldati coreani che, volenti o nolenti, dovevano combattere al fianco dei nuovi padroni, contro un nemico che non era il loro, così come tutti i soldati coreani furono costretti ad assumere nomi giapponesi; nello stesso periodo (intorno al 1939), tutti i giornali in lingua coreana furono soppressi, ad eccezione di uno, il “Maeil Sinbo” (Nuovo quotidiano).

Nel 1941, con l’attacco a Pearl Harbor, il Giappone entrò ufficialmente nel secondo conflitto mondiale e non mancò occasione per infierire ancora sul popolo coreano, infatti in questi anni migliaia di donne vennero sequestrate e usate per soddisfare i piaceri personali dei soldati giapponesi: si parla in proposito delle “comfort women”, termine vivo ancora oggi in Oriente e utilizzato dal popolo coreano che rivendicava la propria dignità e libertà, completamente distrutta in quei drammatici anni.

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Un gruppo di “comfort women” appena reclutate, credits to pilgrimwithapassport

NB: lo sapevate che è ancora in corso una questione legale (e sociale, prevalentemente) secondo la quale il popolo coreano vorrebbe essere risarcito dal Giappone per i danni subiti?

Con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki terminò l’oppressione dei giapponesi sulla Corea che, piano piano, lasciarono il paese e, il 15 agosto 1945, finalmente la Corea poté ritenersi libera dai colonizzatori: una libertà amarissima, costata milioni di vittime e che lasciò profonde cicatrici, sul popolo coreano, oppresso per più di 30 anni.

23 Photographs of the Japanese Occupation of Korea and the Liberation
Abitanti di Seoul esultano e festeggiano per strada la liberazione dall’occupazione giapponese insieme ai prigionieri del carcere di Seodaemun appena liberati (15 Agosto 1945), credits to fmkorea

Se siete curiosi di sapere come hanno reagito gli artisti moderni e le nuove generazioni a questo triste periodo della storia coreana, passate a dare un’occhiata alla nostra rubrica #Hipstory dove potrete trovare un episodio dedicato interamente al Movimento del primo marzo e all’indipendenza coreana visto tramite gli occhi dell’artista hip-hop Bewhy!

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#Hipstory – 3.1: Il Movimento del Primo Marzo  

Il secondo appuntamento di Hispstory ci porta a parlare del Movimento di Indipendenza, grazie ad un artista hip hop che ha dichiarato il suo patriottismo in diverse occasioni: Bewhy.

La prima canzone che ci porta alla scoperta dell’autodeterminazione della penisola coreana è Mansae, portata dal rapper Behwy sul palco di Infinite Challange insieme al comico Yang Se-hyung.

Un vero e proprio inno alla lotta per l’indipendenza della Paese e grido di ringraziamento per chi ha combattuto fino all’ultimo per riuscire a portare la Corea a ciò che è oggi.

Ci troviamo in una delle pagine più tragiche della storia contemporanea coreana: la colonizzazione giapponese. 35 anni (ufficialmente) di atrocità che hanno segnato in maniera indelebile la popolazione del calmo mattino e le relazioni con il Giappone.

La colonizzazione giapponese comincia, sulla carta, nel 1910 con la firma del Trattato di Annessione da parte di Yi Wan-Yong e Masatake Teruchi, ma il Giappone stava già minacciando la Corea nel decennio precedente. In seguito alla vittoria della guerra sino-giapponese (1894-1895), di cui alcune battaglie vennero disputate proprio in suolo coreano (Seoul, Asan, Pyeonyang), con la pretesa da parte dei giapponesi di instaurare un governo filogiapponese, grazie al Trattato di Shimonoseki il Giappone fa in modo che alla Corea venga riconosciuta l’indipendenza. In questo modo, però, fa perdere ogni diritto di rivendicazione sulla Corea da parte della Cina.

Il Giappone si aspetta ora, quindi, di essere riconosciuta per il suo grande potere imperialista, ma l’intervento nella zona della Manciuria da parte del Triplice Intervento (Russia, Francia e Germania) fa infuriare la potenza nipponica e, quando la Russia cerca di rafforzare la sua egemonia sulla Penisola Coreana stazionando truppe in Manciuria, il Giappone approfitta dell’instabilità politica interna della Russia per cominciare quella che sarebbe poi diventata la guerra russo-giapponese (1904-1905): anche questa si conclude con la vittoria del Giappone e viene seguita dal Trattato di Partsmouth che, tra i vari punti, prevede il riconoscimento della Corea come una zona di influenza giapponese.

Il Giappone riesce così ad avanzare ancora più prepotentemente nella penisola coreana, con la quale stipula il Trattato di Eulsa (1905), detto anche Trattato del Protettorato, per mezzo del quale i poteri diplomatici della Corea verranno completamente ceduti al Giappone: in questo modo, la Corea non avrà più alcuna voce in capitolo a livello internazionale e qualsiasi accordo voglia prendere col resto del mondo dovrà tassativamente essere siglato passando previa autorizzazione giapponese.

오직 혁명뿐 물러나기 전까지 영원히 너네는 public enemy
사진을 찍어줘 죽기 전 마지막 나의 swagging
나라를 위해 죽는 민족 무릎은 하늘 앞에서만 꿇겠지
너의 것은 파괴되고 우리의 것은 재창조돼
악은 언제나 선에게 짓밟히게 돼있어
축제의 장은 열려 코레아우라

Fino a che la rivoluzione non terminerà, sarai per sempre un nemico pubblico
Scatta una foto del mio swag prima di morire
Le persone che perdono la vita per questa Nazione possono inginocchiarsi solo di fronte al cielo
Ciò che era tuo verrà distrutto, ciò che era nostro verrà ricreato
Il male è sempre stato calpestato dal bene
Apri le tende del sipario al festival, Corea

Bewhy si presenta sul palco vestito da martire patriota e alle sue spalle viene presentata l’immagine della Stazione Ferroviaria di Harbin, mentre l’entrata in scena di Yang Se-hyung è interamente dedicata all’eroe nazionale Ahn Jung Geun.

Ahn Jung Geun è considerato un patriota modello e simbolo della resistenza coreana in quanto, alla vigilia della stipula dell’accordo di annessione, si recherà alla Stazione Ferroviaria di Harbin per uccidere uno dei più importanti personaggi politici del tempo, Itō Hirobumi, sparandogli tre colpi di pistola: questo episodio, ricordato dai coreani come importante evento patriottico, purtroppo non fa cambiare idea ai politici che, anzi, velocizzarono le procedure per la firma di un vero e proprio trattato definitivo di annessione.

Da questo momento in poi avrà inizio la prima fase della colonizzazione giapponese, ricordata come “politica repressiva”, che va dal 1910 al 1919.

Durante questo periodo, il Giappone fa di tutto per annientare la cultura e la storia del popolo coreano, cercando di manipolare i reperti storici per dimostrare che la Corea è sempre stato un Paese inferiore rispetto a loro. Col fine di imporre una “modernizzazione coloniale”, i giapponesi attuano una politica violenta ispirata ad una forte militarizzazione della società, controllata in maniera molto severa da polizia militare, polizia e funzionari istituendo un controllo dispotico su tutti gli aspetti della vita dei coreani.

Invece di rispettare quello che era un sistema eccezionale di autogoverno da parte delle comunità locali che faceva poi capo alla gestione indiretta del popolo da parte del governo centrale di Choseon, le autorità coloniali smantellano l’autonomia dei distretti di campagna e impongono invece un controllo diretto da parte del Governatorato Centrale, costruito di fronte al Palazzo Reale: l’80% del personale al suo interno è giapponese, ciò di fatto significa che la gestione politica ed economica del Paese finisce nelle mani del Giappone.

I coloni tentano di controllare ogni aspetto dell’economia coreana in continua espansione: le imprese possono nascere solo previo consenso del Governatorato Generale, viene imposto il monopolio su ginseng, sale e tabacco e vengono istituite nuove tasse, come quella sui liquori, sulla casa, sulle sigarette e l’imposta di bollo per contribuire a colmare le carenze finanziarie nipponiche; al tempo stesso, i coreani soffrono di discriminazioni quotidiane a livello educativo, amministrativo e legale e nelle scuole viene imposto lo studio della lingua e della storia giapponese, in modo da instaurare un senso di superiorità storica nei confronti dei coreani.

In questa fase così cruciale, si innesca inoltre la Prima Guerra Mondiale, che si rivelerà un toccasana per l’economia giapponese, in quanto alleata con la Gran Bretagna: svolgendosi principalmente in Europa, il Giappone non solo non subirà aggressioni di alcun tipo, ma avrà la possibilità di influire sulla presenza tedesca in Cina, riuscendo a scacciarli dalla penisola dello Shandong e prendendo il loro posto. Nel corso degli scontri armati i giapponesi rimangono stupiti dall’utilizzo di armi chimiche e decidono di creare dei laboratori dove fare esperimenti, utilizzando i colonizzati coreani e cinesi come cavie umane.
Un’impennata micidiale dei prezzi e lo scoppio di malattie infettive come il colera, il tifo e l’influenza spagnola aggravano il malcontento dei coreani, già sull’orlo di un’esplosione: la cosiddetta “missione civilizzatrice” non poteva più essere giustificata.

우리는 단 한 가지만 선택해야만 해 복종 혹은 죽음
우리는 이 땅에 자유와 해방을 위한 쟁투를
오직 피와 땀으로만 이 땅을 가슴속에 품은
자들만이 가질 수 있어 이 대한민국을

C’è solo una scelta da prendere tra obbedienza e morte
Combattiamo per la libertà della nostra nazione
Solo chi si porta questa terra nel cuore, col sangue e col sudore
Può sostenere di detenerla, Repubblica di Corea

Il 21 gennaio 1919 muore improvvisamente Re Kojong, avvenimento che fa scatenare il Movimento del Primo Marzo, in quanto i coreani si convincono non sia stata una morte accidentale bensì causata da un avvelenamento e da questo momento, gli intellettuali coreani cominciano a pronunciarsi in merito alla liberazione della Corea: 300 letterati si riuniscono a Tokyo per annunciare una Dichiarazione di Indipendenza, esponendosi al rischio di essere puniti ed incarcerati.

Il 3 marzo sono previsti i funerali del defunto Re e alla sua vigilia, alcuni esponenti coreani si raccolgono al centro di Seoul dichiarando ufficialmente l’indipendenza e dando seguito al Movimento di Indipendenza, al quale si unirà circa 1 milione di coreani tra i mesi di marzo e aprile, in diverse città della penisola: queste proteste non partivano però da un comando nazionale, erano sporadiche e prive di piani organizzati e questa debolezza intrinseca rese difficile superare la feroce oppressione militare dell’impero giapponese, i quali distrussero chiese, uccisero 23.000 persone e non ebbero alcuna pietà per i soggetti più fragili. Tuttavia, è importante sottolineare che la sua stessa spontaneità, così come la diffusione nazionale delle proteste, la partecipazione attiva e la devozione spassionata dei partecipanti alla causa del movimento, lo abbiano reso un evento cardine nella lotta contro il dominio giapponese.

만세 우리가 하나가 되는 순간
만세 밝은 내일을 향해 오늘도
만세 나는 자유를 위해 춤을 춰
만세 만세
난 say 만세
난 say 만세
난 say 만세
난 자유를 위해 춤을 춰 만세

Mansae, il momento in cui diventiamo una cosa sola
Mansae, anche oggi per un domani migliore
Mansae, balliamo per la libertà
Dico Mansae
Danzo per la libertà, Mansae

Mansae, Mansae, Mansae, una parola di incitamento che si sente spesso pronunciare dai coreani del ventunesimo secolo, ma che ruolo ricopre questo grido di battaglia?

Mansae (letteralmente diecimila anni) e Cheonsae (letteralmente mille anni) erano modi di dire utilizzati in maniera interscambiabile durante la dinastia Choseon e furono standardizzati poi in Mansae nel momento in cui l’impero Daehan fu stabilito nel 1897: la parola Mansae fu poi resa popolare dagli attivisti del Club dell’Indipendenza Coreana (독립협회 Dongnip hyeophoe) e dai Movimenti dell’Illuminismo Patriottico, rendendo questo termine un concetto con un significato intrinseco profondo, il quale esprime una cultura politica che gli intellettuali moderni della Corea cercavano di diffondere nel popolo. Infine, la parola Mansae, mediata dalle culture politiche delle precedenti rivolte contadine, arrivò a promuovere un senso di unità nazionale e a servire come mezzo attraverso il quale le voci di protesta contro il Giappone potevano risuonare in tutta la nazione.

In onore del centesimo anniversario del Movimento di indipendenza, Bewhy ha pubblicato anche il singolo My Land con un testo ed un MV ricchi di patriottismo: sia le parole da lui decantate che il video musicale riflettono un secolo di storia carico di tentativi, dolore e speranza nel vedere la propria terra diventare finalmente un Paese indipendente.

저들의 우월해지고 싶은 마음과 혐오 땜에
자유 할 권리를 짓밟힘 당한 나로 변해

A causa del loro odio e il desiderio di essere superiori
Sono io a vedere calpestati i miei diritti alla libertà

상해에서부터 서울 종로 종로 한복판에서 한반도
우리 100년의 역사는 저들이 아닌 우리 열사들의 핏자국이 감독
한 세기의 외침이 지금을 창조 앞으로의 100년을 향한 한 보
너와 내가 우리가 되어야만 완고 해지겠지 투쟁 안에서 평화만을 낭독

Da Shanghai a Jong-no, Seoul, il cuore della penisola coreana
Questi nostri 100 anni di storia sono stati diretti dal sangue dei nostri missionari, non da loro
Le grida di un secolo creano il presente e il passaggio per i prossimi 100 anni
Dobbiamo rimanere insieme per creare la pace all’interno di questa lotta

우리들의 만세는 복수가 아닌 다가올 내일의 천국을 향한 거니까

Il nostro grido alla libertà non è una vendetta, ma alla volta del paradiso del domani

Il brano è stato scritto dal punto di vista dei combattenti e nel video viene rappresentata e ricordata una figura considerevole della storia coreana, l’eroina Yu Gwan-sun, una giovane attivista che a soli 19 anni guidò il Primo Movimento per l’Indipendenza contro il dominio coloniale imperiale giapponese nella zona meridionale del Chungcheong: la dimostrazione da lei organizzata radunò 3.000 dimostranti che gridavano all’indipendenza della Corea, ma nel primo pomeriggio intervenne la polizia militare giapponese uccidendo diversi manifestanti, tra i quali i genitori di Yu Gwan-sun, arrestando quest’ultima. Imprigionata e torturata, anche in prigione continuò a battersi per l’indipendenza coreana fino al giorno della sua morte, il 28 settembre 1920, presumibilmente a causa delle torture, diventando così un simbolo del Movimento del Primo Marzo.

Sebbene il Movimento per l’Indipendenza del Primo Marzo non portò direttamente all’indipendenza, accelerò l’istituzione del Governo Provvisorio Coreano a Shanghai, infatti dopo aver sopportato secoli di monarchia e 35 anni di dominio coloniale giapponese, la Corea divenne finalmente una nazione democratica (perlomeno, sulla carta): fu dichiarata una Repubblica Democratica con la sovranità che risiedeva nel popolo, un principio stipulato nell’articolo 1 della Costituzione del Governo Provvisorio.

A testimonianza del suo impatto, il Movimento per l’Indipendenza rimane tutt’ora un episodio molto influente nonostante sia avvenuto più di cento anni fa: la premessa del Movimento per l’Indipendenza del Primo Marzo era un sogno e una visione pro-democratica che affermava la sovranità del popolo e sosteneva valori universali come la libertà, l’uguaglianza, i diritti umani e la pace.

Con i versi di queste canzoni si spera di avvicinare e incoraggiare i giovani a rivivere quei pezzi di storia che, seppur logoranti, rendono il Paese fiero dei suoi cittadini.